Istat, in Italia oltre 700mila morti nel 2020. «Non succedeva dal 1944»

Istat, i dati choc: in Italia oltre 700mila morti nel 2020. «Non succedeva dal 1944»
Istat, i dati choc: in Italia oltre 700mila morti nel 2020. «Non succedeva dal 1944»
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Martedì 15 Dicembre 2020, 11:17 - Ultimo aggiornamento: 12:26

La pandemia di coronavirus fa salire all'impazzata il numero di morti di quest'anno: nel 2019 il dato era di 647mila decessi, quest'anno sarà di oltre 700mila, un numero mai raggiunto negli ultimi 70 anni. L'ultima volta era il 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale: «Quest'anno supereremo il tetto dei 700mila decessi complessivi, che è un valore preoccupante perché l'ultima volta che siamo andati oltre questo numero è stato nel 1944, durante la guerra», ha detto ad Agorà su Raitre il presidente dell'Istat Gian Carlo Blangiardo. «Si tratta di una stima, perché l'anno» della pandemia di Covid-19 «non è ancora finito», ha precisato. «Nel 2019 il dato era di 647.000 morti». 

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CALANO I RESIDENTI IN ITALIA Calano ancora i residenti in Italia nel 2019: a fine anno - si legge nel censimento Istat con i dati definitivi -la popolazione censita in Italia al 31 ammonta a 59.641.488 residenti , circa 175mila persone in meno rispetto al 31 dicembre 2018, pari a -0,3% , ma risulta sostanzialmente stabile nel confronto con il 2011 (anno dell'ultimo censimento di tipo tradizionale), quando si contarono 59.433.744 residenti (+0,3%, per un totale di +207.744 individui). Rispetto al 2011, i residenti diminuiscono nell'Italia Meridionale e nelle Isole (-1,9% e -2,3%), e aumentano nell'Italia Centrale (+2%) e in entrambe le ripartizioni del Nord.

FUGA DAL SUD Si conferma nel 2019 il calo dei residenti nel Meridione e nelle Isole: nell'anno - si legge nel Censimento sulla popolazione residente appena pubblicato dall'Istat - la popolazione è diminuita nel complesso di 127.487 unità rispetto al 2018 a fronte di un calo complessivo di 175.185 persone in tutta Italia.

Rispetto al 2011 a fronte di un aumento complessivo della popolazione italiana di 207.744 unità, nel Sud e nelle Isole si è assistito a una riduzione di 425.517 residenti.

Rispetto al 2011, si legge, i residenti diminuiscono nell'Italia Meridionale e nelle Isole (-1,9% e -2,3%), e aumentano nell'Italia Centrale (+2%) e in entrambe le ripartizioni del Nord (+1,6% nell'Italia Nord-orientale e +1,4% nell'Italia Nord-occidentale). Più del 50% dei residenti è concentrato in cinque regioni, una per ogni ripartizione geografica: Lombardia (16,8%), Veneto (8,2%), Lazio (9,7%), Campania (9,6%) e Sicilia (8,2%). Se si guarda alle regioni a fronte di 323.451 residenti acquistati dalla Lombardia, 252.814 dal Lazio e 121.984 dall'Emilia Romagna, la Puglia ha perso quasi 100.000 abitanti (99.261), la Sicilia 127.614 e la Campania 54.667. La Calabria ha perso 64.940 abitanti scendendo a quota 1.894.110. 

OLTRE 5 MILIONI DI STRANIERI In Italia diminuisce la popolazione complessiva ma aumenta quella straniera che nel 2019 ha superato i cinque milioni (5.039,637) grazie a una crescita di 43.480 unità rispetto al 2018. Tra il 2001 e il 2019 gli stranieri sono aumentati di 3,7 milioni di unità. La crescita degli stranieri non è riuscita però a compensare il decremento della popolazione complessiva residente in Italia (-175.185 unità) che, di fatto, equivale a un calo demografico di quasi 220 mila residenti autoctoni. Nel 2019 il peso della componente straniera rispetto alla popolazione totale è di 8,4 individui ogni 100 censiti.

PAESE SEMPRE PIU' VECCHIO L'età media degli italiani si è innalzata nel 2019 di due anni rispetto al 2011 (da 43 a 45 anni) ed è cresciuto l'indice di vecchiaia, ovvero il rapporto tra gli over 65 anni e gli under 15 fino al 180%. si legge nel Censimento Istat sul 2019 secondo il quale «Il numero di anziani per bambino passa da meno di uno nel 1951 a cinque nel 2019 (era 3,8 nel 2011) e l'indice di vecchiaia (dato dal rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e quella con meno di 15 anni) è notevolmente aumentato, dal 33,5% del 1951 a quasi il 180% del 2019 (148,7% nel 2001)».

Il comune più giovane è Orta di Atella, in provincia di Caserta, con una età media di 35,3 anni; quello più vecchio è Fascia, in provincia di Genova, dove l'età media supera i 66 anni. La Campania, con 42 anni, è la regione con la popolazione più giovane, seguita da Trentino Alto Adige (43 anni), Sicilia e Calabria (entrambe con 44 anni). La Liguria si conferma la regione con l'età media più elevata (49 anni). Anche nel 1951 la Campania e la Liguria erano la regione più giovane e quella più vecchia ma, per entrambe, l'età media risultava più bassa di 13-14 anni rispetto a quella registrata nel 2019. 

UN ITALIANO SU DUE HA LA LICENZA MEDIA In Italia il 50,1% delle persone ha al massimo la licenza media mentre i laureati e le persone che hanno conseguito un diploma di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica (A.F.A.M.) di I o II livello rappresentano il 13,9% della popolazione di 9 anni e più. Il 35,6% dei residenti ha un diploma di scuola secondaria di secondo grado o di qualifica professionale; il 29,5% la licenza di scuola media e il 16% la licenza di scuola elementare. La restante quota di popolazione si distribuisce tra analfabeti e alfabeti senza titolo di studio (4,6%) e dottori di ricerca, che possiedono il grado di istruzione più elevato riconosciuto a livello internazionale (232.833, pari allo 0,4% della popolazione di 9 anni e più).

Rispetto al 2011, si legge, diminuiscono, sia in termini assoluti che percentuali, le persone che non hanno concluso con successo un corso di studi (dal 6% al 4,6%) e quelle con al massimo la licenza di scuola elementare (dal 20,7% al 16%) e di scuola media (dal 30,7% al 29,5%). Nel 2019 aumentano le persone in possesso di titoli di studio più elevati rispetto a otto anni prima. In particolare, si contano quasi 36 diplomati (31 nel 2011) e 14 laureati (11 nel 2011) ogni 100 cento individui di 9 anni e più mentre i dottori di ricerca passano da 164.621 a 232.833, con un incremento pari a più del 40%.

INFLAZIONE GIU' A NOVEMBRE L'inflazione resta negativa a novembre per il settimo mese consecutivo. Secondo le stime definitive dell'Istat, l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, resta confermato a -0,2% su base annua (da -0,3% di ottobre) e a - 0,1% su base mensile.. A pesare , osserva l'Istat, sono prevalentemente i prezzi dei beni energetici (-8,6%, da -8,7% del mese precedente). L'inflazione acquisita per il 2020 è pari a -0,2% per l'indice generale e a +0,5% per la componente di fondo.

NEL 2019 PIÙ OCCUPATI E MENO INATTIVI Cresce la forza lavoro in Italia mentre diminuiscono gli inattivi: nel 2019 - secondo quanto si legge nel censimento Istat sul 2019- tra la popolazione residente di 15 anni e più, le forze di lavoro ammontano al 52,5%, dal 50,8% del censimento 2011 mentre calano gli inattivi (47,5% da 49,2%). Gli occupati salgono al 45,6% dal 45% del 2011 (23.662.471 da 23.017.840). Le percentuali più elevate di occupati sono quelle del Trentino - Alto Adige (55,6%) e di Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia, con valori compresi tra il 51,7% e il 51%. Livelli più bassi si registrano principalmente nel Mezzogiorno, soprattutto in Campania (37,3%), Calabria (36,5%) e Sicilia (34,9%).

Anche se di poco, segnala l'Istat, aumenta la quota di donne occupate. Se nel 2011 la componente femminile rappresentava il 41,8% degli occupati , nel 2019 sale al 42,4%. La maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro è confermata dalla variazione intercorsa tra il 2011 e il 2019 che è stata per gli uomini pari a +1,7% (+233.895 unità) e per le donne di +4,3% (+410.736). Lo squilibrio di genere permane - sottolinea l'Istituto di statistica - ed è confermato anche dai livelli dei tassi di occupazione (37,4% contro 54,4% per gli uomini), disoccupazione (15,1% contro 11,6%) e inattività (56,0% contro 38,5%). (ANSA). TL 15-DIC-20 10:33 NNNN

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