A trent'anni dalla strage di Capaci c'è chi non si accoda al ricordo di Giovanni Falcone come gli altri, ma va controcorrente: è l'ex giudice Corrado Carnevale, conosciuto per anni come "ammazzasentenze", processato per concorso esterno in associazione mafiosa ma poi assolto con formula piena. «Giovanni Falcone era considerato il magistrato antimafia per eccellenza. Non credo che fosse l'unico. Né l'unico né il più importante», le sue parole, che faranno decisamente discutere.
«Falcone - sottolinea l'ex giudice - inizialmente è stato amato, poi quando si accorsero che forse il suo entusiasmo, la sua campagna ideologica non erano tutte disinteressate ma ispirate dal desiderio di fare carriera, allora nell'ambiente cominciò a decadere nella considerazione almeno di una parte dell'opinione pubblica. Era inevitabile che questa sua campagna ideologica gli portasse dei nemici, anche se non credo che Falcone avesse tutti questi nemici di cui si parla. Aveva i suoi esaltatori e i suoi critici, come accade per qualunque persona. Ma quello che vorrei dire è che Falcone è stato esaltato al di là dei suoi meriti effettivi».
Per anni Corrado Carnevale è stato definito il giudice 'ammazzasentenze', il presidente di sezione, dipinto quasi come un 'avversario' di Falcone, che in Cassazione assolveva ingiustamente i mafiosi.
«Io ho sempre cercato di avere una stella polare - insiste Corrado Carnevale parlando con l'AdnKronos -, quella di applicare la legge, che non può non essere applicata a tutti i cittadini, quindi anche Falcone aveva gli stessi diritti che avevano gli altri cittadini. Se in un ordinamento democratico non esiste l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, veramente c'è da restare trasecolati. E io ho sempre sostenuto questo, che ogni cittadino, anche il peggiore dei mafiosi, davanti al giudice ha gli stessi diritti e gli stessi doveri di ogni altro». E nelle parole del giudice Carnevale non c'è alcun barlume di ripensamento: «Rifarei senz'altro tutto quello che ho fatto da presidente di sezione di Cassazione - chiosa -, non sono un 'pentito'».