Omofobia, i Vescovi contrari alla nuove legge: «Ci sono già, educhiamo piuttosto al rispetto ed evitiamo derive autoritarie»

Omotransfobia, i Vescovi contrari a nuove leggi: «Ci sono già, educhiamo piuttosto al rispetto ed evitiamo derive autoritarie»
Omotransfobia, i Vescovi contrari a nuove leggi: «Ci sono già, educhiamo piuttosto al rispetto ed evitiamo derive autoritarie»
di Stefania Cigarini
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Mercoledì 10 Giugno 2020, 11:40 - Ultimo aggiornamento: 12:05
Omofobia: non c'è bisogno di una nuova legge, perché le leggi ci sono già. Questa, in estrema sintesi, la posizione della Cei, l l'assemblea dei Vescovi, che in una nota di oggi - 10 giugno 2020 - fa sapere di non approvare i testi di legge contro l'omotransfobia, presentati alla Camera, e che dovrebbero essere votati a luglio.

Facendo riferimento alle parole di Papa FrancescoNulla si guadagna con la violenza e tanto si perde»), la nota puntualizza: «Le discriminazioni, comprese quelle basate sull'orientamento sessuale, costituiscono una violazione della dignità umana, che in quanto tale deve essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Trattamenti pregiudizievoli, minacce, aggressioni, lesioni, atti di bullismo, stalking... sono altrettante forme di attentato alla sacralità della vita umana e vanno perciò contrastate senza mezzi termini».

I Vescovi credono “fermamente che, oltre ad applicare in maniera oculata le disposizioni già in vigore, si debba innanzitutto promuovere l'impegno educativo nella direzione di una seria prevenzione, che contribuisca a  congiurare e contrastare ogni offesa alla persona. Su questo non servono polemiche o scomuniche reciproche,
ma disponibilità a un confronto autentico e intellettualmente nesto. Nella misura in cui tale dialogo avviene nella libertà, ne trarranno beneficio tanto il rispetto della persona quanto la democraticità del Paese
».

Il timore dei Vescovi è che una ulteriore legge - rispetto a quelle già esistenti sullal violazione della dignità umana arrivi ad introdurre “ulteriori norme incriminatrici, rischiando di aprire a derive liberticide. Per cui, più che sanzionare la discriminazione, si finirebbe col colpire l'espressione di una legittima opinione, come insegna l'esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte».  
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