Funivia, il capo dei soccorsi Matteo Gasparini: «Cabina esplosa, c'erano cadaveri sparsi nel raggio di 30 metri»

Funivia, il capo dei soccorsi Matteo Gasparini: «Cabina esplosa, c'erano cadaveri sparsi nel raggio di 30 metri»
Funivia, il capo dei soccorsi Matteo Gasparini: «Cabina esplosa, c'erano cadaveri sparsi nel raggio di 30 metri»
di Ernesto De Franceschi
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Lunedì 24 Maggio 2021, 12:58 - Ultimo aggiornamento: 13:46

“Una scena del genere non era immaginabile”. La mattina dopo la strage della funivia Stresa-Mottarone, Matteo Gasparini, capo del soccorso Alpino di Verbania Val d'Ossola, è ancora scosso. Lui ha alle spalle un’esperienza di 22 anni di interventi in luoghi di incidenti in montagna. “Ma nulla del genere avevo mai visto”, ammette mentre parla al telefono contattato da leggo.it.

Era la corsa numero 8 di una domenica di sole: la funivia era partita alle 11,50 dal lungolago di Stresa, dopo il primo stop alle 12 alla stazione intermerdia di Alpino, sarebbe dovuto giungere in vetta al Mottarone alle 12,10.

Ma proprio qualche decina di metri prima dell’arrivo, si è materializzata la più tragica delle fatalità che ha spezzato la vita di 14 persone. 

Matteo Gasparini, ieri cosa si è trovato di fronte quando è arrivato lì in cima?

“Mi aspettavo di arrivare e vedere la cabina con i corpi all’interno. Invece quando sono giunto sulla scarpata nel bosco, mi sono visto davanti agli occhi la funivia esplosa e le vittime erano sparse nel raggio di 30 metri. Una scena bruttissima: vedere le vittime in queste condizioni è stato veramente uno shock”.

 

I due bambini erano ancora in vita?

“Gli elicotteri del 118 intervenuti stavano già portando via i due piccoli: abbiamo parlato con i medici che li avevano stabilizzati, ma le loro condizioni si è capito subito fossero molto gravi”.

Poi cosa ha visto?

“Il medico che era arrivato sul posto con l’elicottero da Torino ci ha subito detto che tutte le altre persone che erano nella cabina erano purtroppo morte. C’erano rottami dovunque, gli effetti personali erano sparsi in mezzo alla scarpata e nel bosco. Non è stato facile...”.

E cosa avete fatto?

"Ci siamo attivati per mettere in sicurezza la zona e predisporre l’arrivo del personale per il recupero delle salme”.

Lei però è abituato a interventi complicati.

“L’abitudine non c’è mai. Ogni incidente è diverso dagli altri: quando intervieni in montagna al massimo ci sono una o due vittime. In questo caso ho visto una scena che difficilmente dimenticherò. Un simile scenario era impensabile”.

Quante volte lei stesso è salito su quella funivia?

“Abitando in zona, tantissime. Faccio bici e parapendio. Quindi la prendevo per salire sul Mottarone, invece di andarci in auto. Non ho mai avuto il minimo dubbio sulla sicurezza. Come Soccorso Alpino locale, si figuri che abbiamo anche partecipato al collaudo della struttura per dare l’ok all’impianto con l'Ustif”

Cosa è successo? Che idea si è fatto?

“Due cose sicuramente sono accadute: il cavo si è staccato e il freno di emergenza in salita non è intervenuto. Così la cabina è scivolata all'indietro fino a schiantarsi contro il pilone e precipitare nel vuoto. Pochi dubbi su questo. Ora spetterà ai giudici fare chiarezza”

Mentre a valle il freno ha funzionato?

“In quel caso sì, come si può notare la cabina che scendeva si è bloccata regolarmente come succede quando si attiva un’emergenza. Non ci sono parole per tutto ciò”.

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