Mottarone, tre fermi per strage funivia: «Sapevano che era senza freni, non volevano fermare il servizio»

Incidente funivia Mottarone, cos'è il forchettone e perché non doveva essere lì
Incidente funivia Mottarone, cos'è il forchettone e perché non doveva essere lì
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Martedì 25 Maggio 2021, 20:07 - Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 11:13

Incidente alla funivia del Mottarone, la svolta è arrivata quasi all'alba, dopo una notte di interrogatori serrati e, a tratti, anche tesi e drammatici. A tre giorni dalla tragedia, il crollo della cabina della funivia in cui sono morte quattordici persone, tra cui due bambini, ci sono tre fermati. Si tratta di Luigi Nerini, proprietario della società che gestisce l'impianto, la Ferrovie Mottarone srl, il direttore e il capo operativo del servizio.

A disporre il fermo è stato il procuratore della Repubblica di Verbania, Olimpia Bossi, che con il pm Laura Carrera coordinano le indagini dei carabinieri, in seguito all'analisi della cabina precipitata e agli interrogatori. Un confronto di oltre dodici ore con dipendenti e tecnici dell'impianto convocati nella caserma dell'Arma, a Stresa, dal pomeriggio di ieri.

Persone informate sui fatti, in un primo momento, ma già ieri sera, con l'arrivo dei primi avvocati, è stato chiaro che la posizione di alcuni di loro era cambiata. Dopo mezzanotte è arrivato anche Nerini, raggiunto in seguito anche dal suo difensore, l'avvocato Pasquale Pantano. Nei confronti dei tre fermati, per i quali la procura di Verbania chiederà nelle prossime ore la convalida del fermo e la misura cautelare, è stato raccolto quello che il procuratore Olimpia Bossi definisce «un quadro fortemente indiziario».

L'ammissione dei tre fermati

Un comportamento “consapevole e sconcertante” perché i tre fermati avrebbero avuto consapevolezza del malfunzionamento dell’impianto frenante e per “evitare continui disservizi e blocchi” hanno preferito per settimane continuare a mettere a rischio i passeggeri, coscienti che l’”anomalia necessitava di un intervento più radicale, di un blocco più consistente” dell’impianto. Lo afferma il procuratore di Verbania Olimpia Bossi che indaga suo disastro del Mottarone.

Così per ovviare allo stop che avrebbe comportato la perdita di soldi i tre avrebbero deciso di “manomettere il sistema di sicurezza”, cioè di apporre il forchettone per ovviare al problema al sistema frenante.

Forchettone che, una volta che si è tranciato il cavo trainante della funivia, ha impedito alla cabinovia di restare sospesa e l’ha lasciata precipitare nel vuoto per circa 20 metri.

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«Interventi non risolutivi»

Entrata in funzione da circa un mese, dopo lo stop a causa della pandemia, la funivia del Mottarone «era da più giorni che viaggiava in quel modo e aveva fatto diversi viaggi», precisa il procuratore Olimpia Bossi. Interventi tecnici, per rimediare ai disservizi, erano stati «richiesti ed effettuati», uno il 3 maggio, ma «non erano stati risolutivi e si è pensato di rimediare». Così, «nella convinzione che mai si sarebbe potuto verificare una rottura del cavo, si è corso il rischio che ha purtroppo poi determinato l'esito fatale», sottolinea il magistrato, che parla di «uno sviluppo consequenziale, molto grave e inquietante, agli accertamenti svolti».

«Da valutare la posizione di altre persone»

Le indagini non sono finite. E non solo perché, con l'intervento dei tecnici, sarà necessario confermare quanto emerso dai primi accertamenti. La procura di Verbania intende infatti «valutare eventuali posizioni di altre persone». «Si è tutto accelerato nel corso del pomeriggio e di questa notte - conclude il procuratore lasciando la caserma -. Nelle prossime ore cercheremo di verificare, con riscontri di carattere più specifico, quello che ci è stato riferito», conclude parlando di «un quadro fortemente indiziario» nei confronti dei fermati. Persone che avevano, «dal punto di vista giuridico ed economico, la possibilità di intervenire. Coloro che prendevano le decisioni». E che, secondo gli sviluppi dell'inchiesta, non l'hanno fatto.

Sindaca di Stresa: «Sgomenta e attonita»
 

«Sono sgomenta. Se queste persone veramente hanno agito come si legge questa mattina è una cosa che lascia attoniti». Così all'Adnkronos la sindaca di Stresa, Marcella Severino, commenta la svolta nelle indagini sulla tragedia del Mottarone. «È incredibile che uno si prenda questa responsabilità sulla sicurezza», aggiunge sottolineando «che sia da monito a chiunque gestisce questi impianti: mai, mai essere superficiali sulla sicurezza».

«Faccio i complimenti - ha poi aggiunto la sindaca di Stresa - al procuratore capo e agli inquirenti per avere già identificato almeno in parte la causa di quando è accaduto. Questo dimostra ancora quanto è grande l'efficienza di questo territorio che l'ha già dimostrata con i soccorsi».  Infine Severino ha rivolto un pensiero «ai lavoratori della funivia che sono tante famiglie e rimarranno verosimilmente senza lavoro e di questo - ha concluso - non ne parla ancora nessuno».

IL GIALLO DEL FORCHETTONE

È una piastra metallica, pesa cinque chili, e non doveva essere lì. Se le cause dell'incidente alla funivia del Mottarone sono ancora da accertare, una foto potrebbe chiarire il perché non hanno funzionato i freni d'emergenza: in una delle immagini della cabina accartocciata scattata dai Vigili del Fuoco si vede un pezzo di acciaio rosso tra il groviglio di cavi e che potrebbe essere quello che in gergo si chiama "forchettone". Si tratta, spiega un esperto che da domenica ha seguito le operazioni di soccorso e i successivi accertamenti, di una piastra di metallo che viene inserita manualmente nella parte alta del carrello della cabina dove ci sono le rulliere (quella sorta di rotelle che scorrono sulla fune) e che viene utilizzata per tenere forzatamente in posizione aperta proprio i freni di emergenza.

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Ma perché si utilizzano? Servono per esigenze di manutenzione, spiega l'esperto, dunque ad esempio per lavori sulle funi, ingrassaggi dei cavi o prove di carico o della linea. Oppure anche per altri motivi: ad esempio per riportare a valle a fine giornata la cabina che è a monte senza correre il rischio che per un qualsiasi motivo questa possa bloccarsi lungo la linea, magari con l'operatore che lavora nella stazione a monte e che deve rientrare a casa. I forchettoni servono per intervenire esclusivamente sui freni di emergenza: quelli "normali", che servono a fermare la cabina quando arriva in stazione, si trovano sulle pulegge, quelle grandi ruote sulle quali scorre la fune traente che si trovano in tutte le stazioni di funivie, cabinovie o seggiovie. Il forchettone, se verrà confermato che di quello si tratta, non doveva dunque stare lì. Generalmente si trovano nelle stazioni di arrivo e partenza, dice ancora l'esperto, e vengono messi manualmente, non sono pezzi «organici» delle cabine.

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Ma quando potrebbe essere stato messo? Con certezza difficile saperlo, sottolinea l'esperto, poiché i forchettoni impediscono l'entrata in funzione dei freni di emergenza: se non succede nulla, quei freni non devono operare. La piastra potrebbe essere stata dunque posizionata dopo il 3 maggio, data dell'ultimo controllo ai freni, ed essere rimasta lì tutto questo tempo, oppure la sera prima, quando si è fatta tornare la cabina a valle. In proposito, secondo quanto si apprende, ci sarebbe anche una testimonianza raccolta dai soccorritori in base alla quale proprio il giorno prima della tragedia sarebbe stata fatta una prova di emergenza rimandando a valle la cabina che era a monte. Una di quelle situazioni in cui viene utilizzato il forchettone.

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