Crocifisso in aula, la sentenza della Cassazione contestata da Suor Alfieri: «È come gli altri simboli? Allora togliamoli tutti»

A poche ore dalla sentenza della Cassazione che rende il crocifisso non obbligatorio nè discriminatorio, parla Suor Alfieri.
A poche ore dalla sentenza della Cassazione che rende il crocifisso non obbligatorio nè discriminatorio, parla Suor Alfieri.
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Venerdì 10 Settembre 2021, 18:29

«Vogliamo mettere accanto al crocifisso i simboli delle altre religioni? Mettere tutto sullo stesso piano? Benissimo, lo si faccia. Mi chiedo, però: che senso ha? A questo punto, siamo onesti, togliamo qualsiasi simbolo. Si avrà una società anonima, livellata verso il basso, senza conoscenza e senza storia. La fine della civiltà. Non solo di quella occidentale». Queste, le parole di Suor Anna Monia Alfieri all'Adnkronos, tra le voci più accreditate sui problemi dell’organizzazione dei sistemi formativi e dal 2016 membro della Consulta di Pastorale scolastica e del Consiglio Nazionale Scuola della Cei.

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«Il crocifisso - continua - è un simbolo cristiano che ci aiuta a comprendere le nostre origini culturali, a identificarci come popolo, aperto agli altri, certamente, ma unito da elementi comuni. 'Una d’arme, di lingua, d’altare/ di memorie di sangue, di cor', per dirla col Manzoni. Vivere in una società multietnica non vuol dire annacquare, rendere tutto uguale, livellare il passato, appiattire.

Tutt’altro! E’ come nelle relazioni umane: per intessere relazioni sane occorre prima conoscersi per poi conoscere gli altri».

La voce della Suora si fa sentire in seguito alla sentenza della Corte di Cassazione con cui è stato detto che il crocifisso non può essere obbligatorio, ma non è nemmeno discriminatorio verso chi non lo condivide.

«Spiace che il crocifisso, nonostante il nobile significato cui rimanda, sia, di tanto in tanto, fatto oggetto di sterili polemiche e inutili contese - dichiara Suor Monia -. Partiamo da un presupposto che è un dato di fatto: il crocefisso è un atto d'amore verso l'uomo, un esempio di bene e di cura per il prossimo. Basterebbe solo questa premessa per comprendere come non sia un atto discriminatorio l’affiggerlo nelle aule».

E conclude: «Se i laicisti vedono nel crocifisso un simbolo religioso prevaricatore e non rispettoso di chi professa altre religioni, stiano pure tranquilli: è già uscito dalle scuole italiane! Basti pensare ai tentativi di diffondere nelle scuole idee e principi pedagogici contrari alla visione dell’uomo propria della cultura cattolica o, più semplicemente, alla percentuale di praticanti tra i giovani e i docenti italiani. Il livello di deprivazione culturale è tale che non mi stupirei di nulla».

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