Dopo il Regno Unito anche l’Italia teme la variante Delta. La mutazione del coronavirus già conosciuta come “indiana”, del 60% più contagiosa rispetto a quella inglese (da tempo dominante nel nostro Paese), agita esperti e autorità, soprattutto per la sua capacità di reinfettare anche chi è già vaccinato.
Pregliasco: «La variante Delta è tra noi, ma i numeri sono sottostimati»
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FOCOLAI. Il focolaio in una palestra di Milano, con uno dei 10 positivi che è stato contagiato dalla Delta nonostante avesse già ricevuto la doppia dose di vaccino, non è l’unico a preoccupare.
SOTTOSTIMATO. Il vero problema della variante Delta è la sua difficile individuazione: i sintomi simili ad un comune raffreddore (mal di testa e mal di gola e naso che cola), diversi dai comuni sintomi da Covid, lo rendono ancora più ostico da stanare. E per capire quanto sia davvero diffuso servono nuove armi, da nuovi criteri per analizzare i tamponi ad un maggiore sequenziamento. Attualmente, secondo l’Iss, la sua incidenza sul totale dei casi è inferiore all’1%, ma è molto probabile che si tratti di un dato fortemente sottostimato.
LO STUDIO. L’arma più efficace resta per ora quella della doppi avaccinazione. Secondo uno studio pubblicato su Lancet il ciclo vaccinale completo di Pfizer protegge dall’infezione da variante Delta al 79%, quello di AstraZeneca al 60%.
MIX VACCINI. Intanto l’Aifa ha dato il via libera alla vaccinazione “eterologa” negli under 60 che hanno già ricevuto una prima dose di AstraZeneca, e che potranno ricevere la seconda di Pfizer o Moderna: secondo il Cts dell’agenzia del farmaco, il mix di vaccini porta ad «un rilevante potenziamento della risposta anticorpale». Il crossing vaccinale, ha assicurato il ministro Speranza, «è una cosa che la Germania fa da due mesi». Le Regioni si adeguano, dopo lo scetticismo iniziale: anche la Campania ora ha vietato AstraZeneca e Johnson&Johnson agli under 60 e da oggi farà partire i richiami con vaccini a mRna per chi aveva avuto la prima dose di AZ.