Coronavirus a Bergamo, la denuncia: «Volevamo chiudere i centri anziani ma ce lo hanno vietato»

Coronavirus a Bergamo, la denuncia: «Volevamo chiudere i centri anziani ma ce lo hanno vietato»
Coronavirus a Bergamo, la denuncia: «Volevamo chiudere i centri anziani ma ce lo hanno vietato»
di Enrico Chillè
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Domenica 5 Aprile 2020, 13:06 - Ultimo aggiornamento: 16:11
«Già dai primi casi nel focolaio di Codogno, avevamo intuito che i centri anziani e le case di riposo sarebbero stati il pericolo maggiore. Avremmo voluto chiuderli subito, già dal 23 febbraio, ma ce lo hanno impedito». In una provincia di Bergamo dove una intera generazione è stata stroncata dal coronavirus, arriva una denuncia raggelante. È quella del presidente della Casa ospitale Aresi di Brignano Gera d'Adda, Marco Ferraro.

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In un'intervista al Corriere della Sera, Marco Ferraro punta il dito contro l'Agenzia di Tutela della Salute. Già nei giorni immediatamente successivi alla scoperta del focolaio di Codogno, c'era chi aveva capito che un nuovo focolaio si stava diffondendo ad Alzano Lombardo ed erano stati proprio i gestori e gli operatori delle case di riposo ad intuire il pericolo per tutti gli utenti. Una delle prime misure ipotizzate, per garantire il distanziamento sociale, era stata quella della chiusura dei centri diurni integrati, dove le famiglia lasciano gli anziani solo per un periodo della giornata. L'Ats, però, stando a quanto denunciato da Marco Ferraro, aveva espresso parere contrario.

«Avevamo deciso di chiudere il servizio il 23 febbraio, ma l'Ats ci disse di tenere aperto, altrimenti avremmo perso la contrattualizzazione per interruzione di pubblico servizio. Abbiamo tenuto fermo il servizio per due giorni, poi abbiamo riaperto e abbiamo ricevuto un'ispezione di due funzionari dell'Ats, che ci hanno anche rilasciato un verbale. Solo una settimana dopo è arrivata una nuova ordinanza, che ci permetteva di chiudere» - spiega il presidente della struttura di Brignano - «Nel nostro centro abbiamo adottato subito tutte le misure di sicurezza possibili, a cominciare dal blocco delle visite. Forse siamo stati fortunati, ma finora abbiamo avuto solo quattro decessi e siamo una delle case di riposo meno colpite di tutta la provincia. È brutto doversi attenere a disposizioni di organi superiori anche se non si capiscono.
Forse bisognerebbe ascoltare di più chi vive direttamente le situazioni
».

La denuncia di Marco Ferraro non è un caso isolato. Anche Maurizio Cansone, presidente della Fondazione Vaglietti di Cologno al Serio, ha spiegato: «Già a fine febbraio volevamo sospendere il servizio, ma dall'Ats non sono giunte comunicazioni chiare: il centro diurno integrato poteva essere chiuso solo per una giusta causa e il Covid-19 non era tra queste. Alla fine ci siamo riusciti l'11 marzo perché hanno riconosciuto che, per via delle assenze, il personale rimanente doveva essere concentrato sulla Residenza sanitaria assistenziale».

Il giorno in cui l'Ats aveva diffuso la lista delle attività che venivano sospese, sulla base delle disposizioni firmate da Regione Lombardia e Ministero della Salute, era il 24 febbraio scorso. In quella lista non erano menzionate le strutture socio-assistenziali, che restavano aperte ma solo a condizione di usare dispositivi di protezione individuali. Un concetto ribadito anche il giorno seguente alle associazioni di categoria: «È severamente vietato sospendere o interrompere le attività delle strutture socio-sanitarie, chi non dovesse rispettare tale indicazione si espone a vigilanza immediata, messa in discussione degli accreditamenti e contestazione di interruzione di pubblico servizio».

Anche Cesare Maffeis, presidente dell'Associazione case di riposo di Bergamo, ha denunciato: «Il 29 febbraio abbiamo chiesto di nuovo la chiusura all'Ats, che l'ha girata in Regione, dove era stata respinta. Noi e l'Ats, a quel punto, ci siamo attenuti alle regole: siamo stati molto ligi, ma non so quanto intelligenti. Col senno di poi, avremmo dovuto ignorare quelle disposizioni e chiudere tutto. I centri diurni, con il via vai quotidiano, sono stati una concausa del contagio e abbiamo visto quel che è successo».
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