Assalto al caveau con mitra e ruspa, sgominata la banda: il colpo fruttò un bottino di 8 milioni di euro

Assalto al caveau con mitra e ruspa, sgominata la banda: il colpo fruttò un bottino di 8 milioni di euro
Assalto al caveau con mitra e ruspa, sgominata la banda: il colpo fruttò un bottino di 8 milioni di euro
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Venerdì 20 Aprile 2018, 08:32 - Ultimo aggiornamento: 09:38

Dieci, dodici minuti al massimo. Tanto durò, la sera del 4 dicembre 2016, l'assalto al caveau della società Sicurtransport in località Profeta nel comune di Caraffa, nel catanzarese, che fruttò un bottino di 8 milioni di euro. Un'azione condotta in stile paramilitare da almeno una quindicina di persone dotate di armi pesanti e strumenti tecnologici.

La banda è stata sgominata oggi dalla Polizia di Stato che ha arrestato i componenti del un gruppo criminale responsabile della rapina. L'assalto suscitò particolare allarme in quanto gli esecutori sfondarono con un potente mezzo cingolato i muri corazzati del caveau e bloccarono le strade di accesso incendiando 11 auto poste a sbarramento.


La banda arrivò nella sede della Sicurtransport con un camion con carrello, per il trasporto di una grossa ruspa con martello pneumatico e braccio di 3 metri. Prima di entrare in azione bloccarono tutte le strade di accesso con auto rubate messe di traverso e incendiate. Quindi staccarono una centralina inserendo un dispositivo per disturbare i ponti radio e isolando la zona telefonicamente. Solo allora entrò in azione la ruspa che sfondò il muro in cemento armato rinforzato con barre di acciaio del caveau. Fu un'azione rumorosa. Alcuni abitanti della zona parlarono di un botto e di rumori fortissimi che li indussero a barricarsi in casa e a chiamare le forze dell'ordine. E proprio l'intervento della polizia costrinse la banda a lasciare altri 40 milioni depositati nel caveau.

Le indagini sono state coordinate dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro che si è avvalsa delle attività investigative condotte dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dai poliziotti delle Squadre Mobili di Catanzaro e Foggia. Agli arrestati è stata contestata l'aggravante della metodologia mafiosa. Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, una parte dei proventi è stata corrisposta alle famiglie di 'ndrangheta che hanno influenza sulla zona.

La rapina fu consumata secondo un pianificato studio delle zone dove è situato il caveau e con la complicità di un dipendente dell'Istituto, responsabile proprio della sicurezza del caveau, che fornì le informazioni preventive sull'esatto posto dove spaccare il muro in maniera da consentire ai banditi di realizzare il «colpo» nei tempi da loro contingentati. Importanti per lo sviluppo dell'operazione «Keleos» sono state le dichiarazioni di una collaboratrice di giustizia, legata sentimentalmente a uno degli organizzatori del colpo, che ha fornito agli investigatori della Polizia di Stato riscontri su fatti e circostanze relativi al suo compagno e al ruolo primario che ha svolto nella vicenda. 

Le indagini sono state condotte dai poliziotti delle Squadre Mobili di Foggia e Catanzaro e coordinato dal Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e hanno portato ad accertare uno stretto collegamento tra soggetti pugliesi della zona del cerignolano «specializzati nel settore» e basisti locali che hanno reso possibile l'evento delittuoso. I calabresi coinvolti nella rapina, secondo l'accusa, si sono occupati in particolare di reperire le informazioni dal basista e di procurare le autovetture e il mezzo cingolato utilizzati rispettivamente per il blocco delle strade e per la demolizione del muro di accesso al caveau oltre che della logistica finalizzata alla permanenza clandestina a Catanzaro del  commando assaltatore composto dai malviventi pugliesi.

 

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