Beatrice Ion, aggredita atleta paralimpica della nazionale basket: «Handicappata di m***». Il padre la difende e viene picchiato

Beatrice Ion, aggredita l'atleta paralimpica azzurra: «Romena e handicappata, torna al tuo Paese»
Beatrice Ion, aggredita l'atleta paralimpica azzurra: «Romena e handicappata, torna al tuo Paese»
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Lunedì 13 Luglio 2020, 11:25 - Ultimo aggiornamento: 11:31
Beatrice Ion ha 23 anni, ha origini romene ma vive in Italia da 16 anni, da quando era appena una bambina: è cittadina italiana e si sente così italiana che indossa anche la maglia della Nazionale di basket in carrozzina. Ma qualche giorno fa è stata protagonista purtroppo di un episodio di razzismo e violenza che fa venire i brividi.

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La giovane, che gioca nell’Amicacci Giulianova, si trovava ad Ardea, vicino Roma (dove vive) con suo padre quando è stata aggredita da un uomo: lo ha raccontato lei stessa sul suo profilo Facebook, sottolineando come tutto sia partito dal fatto che Beatrice avesse un posto auto per disabili. L’uomo si è lasciato andare ad insulti pesanti contro la ragazza e ha anche aggredito il papà che era intervenuto a difenderla.

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«Sono stata aggredita - racconta lei - mio papà è in ospedale probabilmente con uno zigomo rotto, perché a detta loro siamo stranieri del c… che devono tornare al loro paese. Tralascio le offese che mi sono presa perché disabile». «Io e mamma eravamo dentro, un tipo ci urlava di uscire. Papà stava tornando dalla sua passeggiata e non è riuscito a parlare, colpito da una testata e altro. Urlava anche davanti ai carabinieri: ho un curriculum criminale, a tua figlia handicappata la becco per strada e mi faccio fare un lavoretto.»

Il tutto sotto gli occhi dei passanti: nessuno è intervenuto, nessuno ha reagito. «Non mi dite che il razzismo in Italia non esiste - dice ancora Beatrice - L’ho vissuto oggi dopo 16 anni che vivo qui e fa molto male. A chi ci ha aggredito dico di vergognarsi, saremo anche stranieri ma abbiamo più dignità di loro e chi ha guardato tutto senza fare nulla si dovrebbe vergognare ancora di più».



INDIGNAZIONE DA CONI E CLUB «Indignazione e rabbia per il vile atto di razzismo di cui è stata vittima l'atleta Beatrice Ion, aggredita ieri insieme a suo padre» è stata espressa dalla Polisportiva Amicacci Giulianova, società sportiva paralimpica abruzzese nella quale milita Beatrice. «Beatrice vive in Italia da 16 anni ed è nazionale azzurra - ricorda in una nota l'Amicacci - La società si unisce alla denuncia del vergognoso episodio e auspica che i colpevoli vengano presto individuati.
La lotta al razzismo resta al centro dei valori dell'Amicacci, da sempre impegnata per abbattere ogni forma di discriminazione. A Bea, da due anni in Abruzzo dove frequenta l'Università di Teramo, un abbraccio da tutta la famiglia Amicacci
».

Anche il presidente regionale del Coni Abruzzo, Enzo Imbastaro, esprime vicinanza all'atleta:
«Ho letto quanto accaduto e sono esterrefatto. Purtroppo queste storie si stanno ripetendo con una certa frequenza e per questo dobbiamo alzare il livello di attenzione su episodi gravi in modo da evitare una pericolosa escalation. A Beatrice Ion vanno la vicinanza mia personale, del Coni Abruzzo e di tutto lo sport abruzzese».
LE PAROLE DI PANCALLI «Voglio esprimere solidarietà e vicinanza a Beatrice Ion, atleta della nazionale italiana di basket in carrozzina, vittima insieme al padre, di una vergognosa aggressione fisica e verbale a sfondo razziale», dichiara il presidente del Comitato Italiano Paralimpico Luca Pancalli. «Beatrice - ha aggiunto Pancalli - veste con orgoglio e impegno la maglia azzurra e vive nel nostro Paese da 16 anni. La sua denuncia fa rabbrividire. Agli insulti si sono aggiunte anche le offese riferite alla sua disabilità»

«È incredibile dover commentare ancora oggi simili episodi di odio, violenza e ignoranza. Queste circostanze devono far riflettere tutti, ancora una volta». «Mi auguro - ha concluso il numero uno del Cip - siano individuati al più presto i responsabili di questo gesto ignobile che merita la ferma condanna di tutto il Paese. Questi individui dovrebbero svolgere per almeno un mese attività di volontariato in una società sportiva paralimpica. Una simile esperienza potrebbe insegnare loro il rispetto e la convivenza civile».

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