Estate coronavirus, l'infettivologo Barchiesi: «Sì, fate il bagno tranquilli. Ma occhio al vicino di lettino»

Francesco Barchiesi, da quattro anni primario di Malattie Infettive dell’azienda ospedaliera Marche nord di Pesaro
Francesco Barchiesi, da quattro anni primario di Malattie Infettive dell’azienda ospedaliera Marche nord di Pesaro
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Martedì 21 Aprile 2020, 03:30 - Ultimo aggiornamento: 22:24

Soffiarsi il naso dopo un’immersione o un banalissimo tuffo. Oppure schizzare per gioco un po’ acqua alla persona che ci sta accanto. Oppure ancora entrare in contatto con residui di orina o batteri fecali durante il bagno. Sarà pericoloso da ora in poi? Cosa succederà? Benvenuti alla fiera del dubbio in materia di mare e vacanze: tra i mille settori della vita quotidiana stravolti dal coronavirus c’è anche quello che vede minata la spensieratezza del relax sotto l’ombrellone. Con lo sblocco del lockdown in rampa di lancio la materia è rovello quotidiano per chi frequenta il mare. Che sia residente, addetto al turismo o generico avventore. 
 

 

Dopo aver ascoltato tre settimane fa il parere della direttrice di Virologia degli Ospedali Riuniti, Patrizia Bagnarelli, il ritrovamento a Parigi di tracce di Covid-19 nell’acquedotto della rete non potabile spinge a un ulteriore approfondimento sul tema della sopravvivenza in acqua del virus. Ci aiuta il docente associato di Malattie infettive della Facoltà di Medicina della Politecnica, Francesco Barchiesi, da quattro anni primario di Malattie Infettive dell’azienda ospedaliera Marche nord di Pesaro. «In questo momento non abbiamo la sicurezza al 100%, il virus si conosce da poco, ma elementi concreti sì. Per cui possiamo parlare di conclusioni preliminari con sufficienti certezze anche raffrontando le notizie in nostro possesso dall’esperienza dei precedenti Coronavirus, visto che la famiglia è la stessa». Barchiesi, più di 150 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali in materia di Infettivologia, intanto spazza il campo su un punto. 


«Non è dimostrata la trasmissione del virus per via orofecale (cioè via bocca o via ano, ndr)». Così come è impossibile la trasmissione tramite acqua del mare. Per due motivi. «Il primo, quello che fa la differenza quando si parla di acqua - dettaglia Barchiesi - è la bassa concentrazione del virus in un contesto del genere. Se c’è bassa concentrazione il virus non ha capacità infettante. È di pubblico dominio, al contrario, che sia infettante la vicinanza con un soggetto positivo attraverso la alta concentrazione del virus nelle vie aeree». La considerazione conseguente è che per l’acqua non ci dovremmo preoccupare. «Io sarei molto più attento - è la sintesi di Barchiesi - al vicino di ombrellone o di lettino se è portatore o meno». 

Il secondo fattore è di origine chimica. «L’acqua che arriva in mare dopo il ciclo idrico - continua Barchiesi - viene sempre trattata con il cloro e la normale disinfezione abbatte la carica virale». Un’altra situazione che frequentemente si può verificare in acqua, pensiamo solamente ai bambini, e quello della presenza di orina.


L’espulsione del liquido può diventare occasione di contagio? «Non è dimostrata la trasmissione attraverso orina o sudore - contesta Barchiesi - nonostante il rene sia primariamente coinvolto dal virus. Il Covid 19 infatti è una malattia sistemica che coinvolge oltre ai polmoni altri organi principali: fegato, intestino, miocardio e anche il rene». Si è letto anche che ai tempi della Sars piccole quantità del virus potessero sopravvivere nell’acqua diversi giorni soprattutto se la temperatura era vicina allo zero. 


«Non credo che ci siano dati che dimostrano la possibilità di sopravvivenza del virus in acqua» continua Barchiesi che prende spunto anche su un’altra questione dibattuta a livello internazionale, cioè se le tracce di Rna trovate nell’acqua sono capaci di infettare o sono solo scarti e frammenti privi di contagiosità. 

«Anche fossero virus interi sono poco concentrati e quindi bisogna tornare sempre al principio della concentrazione». In questo caso gli studi chimici forniscono un ulteriore elemento di tranquillità sul punto specifico dei bagni in mare oltre a quello dei raggi UV. 


«La salinità dell’acqua - conclude l’accademico - garantisce una capacità di disinfezione che come dicevamo prima abbatte la carica virale. Sui bagni in mare sono tranquillo è su tutto il resto che bisognerà continuare a fare grande attenzione e la distanza interpersonale resterà la regola aurea».

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