Covid, le Regioni pronte a collaborare. Ma sulle misure più dure i governatori frenano

Covid, le Regioni pronte a collaborare. Ma sulle misure più dure i governatori frenano
Covid, le Regioni pronte a collaborare. Ma sulle misure più dure i governatori frenano
di Diodato Pirone
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Lunedì 12 Ottobre 2020, 07:27 - Ultimo aggiornamento: 07:36

Il più serafico è Giovanni Toti, il presidente della Regione Liguria confermato a valanga venti giorni fa. «Nuovi lockdown? - ride al telefono - E' più probabile che i marziani sbarchino nel porto di Genova». La battuta la dice lunga sul clima che si sta formando intorno all'attesa riunione (via web) di oggi fra i presidenti delle Regioni e il ministro degli affari regionali Francesco Boccia. Tema? Il prossimo Dcpm che dovrà contenere alcune misure di contenimento dei contatti sociali per ridurre la velocità di diffusione del coronavirus.

Il governo - che secondo l'articolo 117 della Costituzione e grazie allo Stato d'Emergenza - può imporre qualunque misura a tutela della salute pubblica intende coinvolgere le Regioni che hanno la gestione della Sanità.
Per quello che si è percepito nel pomeriggio di ieri, i presidenti di Regione si presenteranno al governo con un atteggiamento costruttivo.

La ragione è semplicissima: nell'ultima settimana i contagi sono aumentati in tutte le province italiane con picchi in Piemonte, a Napoli, in Sardegna e persino in aree relativamente tranquille come quelle umbre, e un certo livello di preoccupazione è comune a tutti i rappresentanti regionali, da Nord a Sud, anche se l'espansione del virus per ora non è sfuggita di mano.

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Il gioco del cerino

Luca Zaia, presidente del Veneto, anche ieri ha ribadito ai suoi di essere favorevole a misure ragionevoli di contenimento dei contatti sociali ma senza «fughe in avanti». Quali esagerazioni? E' definibile come tale la chiusura alle 24 dei bar nel corso dei week end come ha già fatto la Regione Campania? E' una esagerazione l'eventuale impiego dell'Esercito nei controlli anti-assembramento davanti ai locali o alle file quotidiane davanti agli uffici postali? Non è dato saperlo. Prima di scendere nel dettaglio Zaia, come gli altri presidenti, attenderà di capire le reali intenzioni del governo e di conoscere la bozza del prossimo Dpcm nel dettaglio.

Una posizione condivisa - dicono dal suo staff - anche da Stefano Bonaccini che governa l'Emilia e che fino a una decina di giorni fa - di fronte a dati Covid particolarmente buoni della sua Regione - ancora ragionava sull'apertura degli stadi a folle di decine di migliaia di persone.

L'atteggiamento dei presidenti regionali lascia prevedere insomma una riunione relativamente tranquilla ma anche l'ennesima manifestazione di quel gioco del cerino fra Regioni e governo che ha caratterizzato la gestione della pandemia fin da febbraio. Da allora per innumerevoli volte si è assistito ad uno schema di gioco che vedeva il governo prendere misure più o meno severe e i presidenti di Regioni che le ammorbidivano oppure dicevano di volerle ammorbidire.

Ma rispetto a questa situazione c'è una importante novità: le elezioni regionali sono passate e si possono evitare o ridurre sparate propagandistiche. Inoltre nell'ultim Dpcm il governo ha stabilito che rispetto alle disposizioni centrali i presidenti di Regione ora possono irrobustire le misure anti-»Covid ma non addolcirle.
«Il dilemma - sottolinea Pier Luigi Lopalco, epidemiologo che sta per diventare assessore alla sanità della Regione Puglia - sta nel fatto che a settembre il governo ha preso misure di contenimento del virus che non impattavano sull'economia. L'obbligo della mascherina all'aperto, infatti, non danneggia nessuno. Ora però si tratta di ridurre la quantità di contatti fra le persone. Bisogna cercare di raggiungere l'obiettivo senza mettere in difficoltà comparti economici già in affanno. E poi bisogna soprattutto che le misure siano efficaci e questo comporta l'impiego delle forze dell'ordine per impedire assembramenti. Obiettivamente non si tratta di scelte facili in una fase con molti contagi e pochi ricoverati in terapia intensiva».


«Per quello che riguarda Napoli e dintorni le misure di riduzione degli orari notturni di bar e ristoranti sono già state prese - fanno sapere dalla Regione Campania - Noi siamo favorevoli a qualunque misura possa incrementare i tracciamenti che già stiamo attuando perché siamo consapevoli che in aree densamente popolate la velocità del contagio va rallentata». Il presidente della Campania, Vincenzo de Luca, si è fatto inviare da Roma alcune centinaia di ventilatori per tenersi pronto ad affrontare un eventuale peggioramento della situazione sul fronte della terapia intensiva. Ora non resta che attendere le 17.30, ovvero l'inizio della riunione governo-Regioni e il passaggio del cerino passa al ministro Boccia.

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Un'eventuale chiusura serale dei 25.000 bar italiani che lavorano di notte comporterebbe una riduzione del loro fatturato di 8 milioni al giorno equivalente a 250 milioni di euro al mese. Queste le stime della Fipe, l'associazione della ristorazione di Confcommercio di fronte alle indiscrezioni sulla possibile imminente stretta sugli orari dei bar in funzione anti- Covid.


 
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