Coronavirus, i balconi di casa nuovi social dell'Italia in trincea

Coronavirus, i balconi di casa nuovi social dell'Italia in trincea
di Mario Ajello
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Domenica 15 Marzo 2020, 08:08 - Ultimo aggiornamento: 10:46

Non ci possiamo abbracciare, eppure siamo vicini. I corpi stanno in casa, ma i sentimenti escono. E allora si canta tutti insieme, da balcone a balcone, da palazzone e a palazzone. Alle 18 di ieri, di colpo decine di persone dalle balaustre di via Olanda, al Villaggio Olimpico, si sono messe a cantare Celentano: Il pomeriggio è troppo azzurro / E lungo per me / Mi accorgo / Di non avere più risorse / Senza di te. Il fatto è che si vuole stare tutti stretti, in un momento così difficile, in cui la comunità e non solo la famiglia diventa la vera fonte della resilienza e dell'Andrà tutto bene. Come c'è scritto sui drappi appesi alle finestre ma anche su alcuni autobus di linea a Senigallia che ieri hanno girato per la città mostrando altre scritte come questa: «Grazie medici italiani».

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VOCI E CONTATTI
Il paradosso è che le quarantene stanno producendo non isolamento ma contatto. Con le voci dei romani di Torpignattara che ieri dall'alto hanno riempito le strade del quartiere per tutta la giornata, con il mio violino en plein air a cui risponde il suono del pianoforte dei mio vicino, e i tamburi e i tamburelli, e Tanto l'aria s'ha da cagnà (di Pino Daniele dal brano Quanno chiove) intonano dal primo, dal secondo e dal terzo piano di un edificio di Monti giovani e anziani. Non solo musiche, anche parole in questo risveglio del patriottismo da Inno di Mameli - che ieri era la quarta canzone più scaricata su I-Tunes e guai a dire che ci riscopriamo italiani solo per i mondiali di calcio! - e che segnala allo stesso tempo il bisogno, il gusto, la sfida dello stare insieme, sia pure separatamente. E starci nella vita reale, anche se la situazione è surreale, e non più soltanto sul web che è stato in questi decenni l'unico luogo d'incontro delle solitudini del cittadino globale.
Tutti a casa ma vivi, ecco, e non abbioccati. Nel palazzone di Viale XXI aprile, dove si svolse quel capolavoro della solitudine intitolato Una giornata particolare (la Loren e Mastroianni naturalmente), i cortili rimbombano di voci da una scala all'altra: «Ma tu c'hai paura?», «Sì. E tu?». «Se stiamo insieme, e ne parliamo fino a notte, mi passa». E ieri mattina tutti insieme, ma ognuno da casa propria, o dalla sua stanza d'ospedale (è successo al Policlinico Umberto I e non solo lì), puntuali alle 12 hanno fatto scattare da Nord a Sud l'applauso per «i nostri eroi»: i medici e gli infermieri, patrioti in prima linea in un Paese neo-patriottico che più di tutti si stanno sacrificando.

AMORI E RITORNI
Non basta stare in famiglia, c'è addirittura - per sentirsi più protetti e più forti - la tentazione di riunire famiglie che non ci sono più. Racconta su Twitter un tizio: «Io e la mamma del mio bambino ci siamo incontrati per caso in fila davanti al supermercato. Non parlavamo da anni. Di colpo lei mi ha detto: mi manchi tanto, riproviamoci! Tra le lacrime ci siamo abbracciati come non mai». E per fortuna non c'era la polizia, da quelle parti, a sanzionarli per assembramento da ex coppia. E l'Italia per ora, anche perché le suocere sono inchiodate a casa loro e non aggravano la situazione, non somiglia alla Cina, dove è aumentato il numero dei divorzi a causa della convivenza a cui l'emergenza sanitaria ha costretto le coppie chiuse in casa.
Gli applausi che si sentono scoppiare ogni tanto dalle finestre sono rivolti a chi li fa. Sono per l'Italia che resiste, come nella canzone di Francesco De Gregori. Che è una delle più gettonate nelle playlist che s'improvvisano di qua e di là tra vicini di casa. Insieme a Il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano, e se dai rioni popolari di Napoli, Salerno e Benevento parte O surdato nnammurato dal lombardo-veneto le risposte sono O mia bella madunina e la Canzone del Piave. Ma l'Italia non si stava disunendo? Che fine hanno fatto gli autonomisti? Spariti come gli haters digitali?
Le emozioni, le opinioni, le speranze, ognuno dal proprio domicilio coatto, le mettiamo in comune sulla base di una certezza: saremo più tenaci noi di Convid-19. E sembra che siamo diventati - non eravamo un popolo cinico e cattivista fino al mese scorso? - tutti buoni o buonisti. Al massimo può piovere qualche improperio dalle finestre contri chi - ma quasi nessuno - passeggia per le strade: «Vattene a casaaaaa, sei un pericolo». «Ma sto solo andando a comprare il giornale». «Ah, vabbè, scusa. Fai i complimenti all'edicolante, è un presidio di civiltà».
E l'aperitivo o l'apericena? Si fa in video su WhatsApp o, per i più giovani, su House Party: ognuno apre la sua bottiglia e si beve tutti insieme perché l'unione fa la forza. E mai come stavolta viene da credere che sia proprio così. Con il dubbio, però, che dopo l'emergenza ricominciamo a volare basso.

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