Coronavirus, il rebus del paziente zero: l'ipotesi del centro massaggi cinese

Coronavirus, il rebus del paziente zero: l'ipotesi del centro massaggi cinese
Coronavirus, il rebus del paziente zero: l'ipotesi del centro massaggi cinese
di Mauro Evangelisti
4 Minuti di Lettura
Lunedì 24 Febbraio 2020, 07:51 - Ultimo aggiornamento: 17:52

Dall'aeroporto di Malpensa al centro massaggi gestito da cinesi, dove erano passati sia i due turisti di Wuhan ricoverati allo Spallanzani, sia i quattro di Taiwan che, tornati a Taipei, hanno scoperto di essere positivi. Si seguono tutte le piste per capire chi abbia originato i focolai più importanti del contagio, tra Lombardia e Veneto. Ma la verità è che probabilmente non arriveremo mai alla soluzione, quando meno non a tutte.

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Secondo gli esperti, però, sarebbe utile ricostruire la catena del contagio, probabilmente arrivato alla terza generazione dei casi: significa che è arrivato alla fine di gennaio, qualcuno è stato contagiato ma con sintomi poco significativi, e ogni settimana i contagi potrebbero essere raddoppiati.

SCENARI
Nel Veneto ci sono tre focolai, ma non c'è neppure un paziente zero. In sintesi: non si sa chi abbia portato il coronavirus dalla Cina. Il primo epicentro è quello di Vo' Euganeo, paesino in provincia di Padova, 19 contagiati tra cui Adriano Trevisan, 78 anni, il primo morto per Covid-19 in Italia. Per chi sta investigando sul contagio è un rompicapo poiché nessuno degli infetti è mai stato in Asia.

Il sospetto era caduto su un gruppo di cittadini cinesi, che hanno un laboratorio in paese e che frequentavano lo stesso bar di Trevisan. Ma secondo i test nessuno di loro è positivo. C'è però un particolare da chiarire: dopo che i carabinieri sono andati a prendere gli otto cinesi, tra i vicini c'è chi assicura di avere visto una donna fuggire. Potrebbe essere scomparsa semplicemente perché irregolare. Potrebbe essere la paziente zero? Improbabile, visto che nessuno degli altri cinesi è positivo. Altro mistero: Mira, provincia di Venezia, contagiato un pensionato che per due volte era stato in ospedale, prima a Mirano, poi a Dolo, infine a Padova. A Dolo risultano altri tre contagiati, tutti del personale sanitario dell'ospedale. E anche in questo caso non c'è una traccia concreta per capire chi abbia contagiato il pensionato. Stesso rompicapo per una coppia di ultraottantenni di Venzia. C'è solo una certezza: i tre focolai non sono collegati tra loro.

Dove ormai la ricerca del paziente sembra un puzzle che non può essere ricomposto è a Codogno e nella provincia di Lodi, focolaio più vasto di tutta Italia. La pista iniziale del manager tornato dalla Cina che, in una cena, poteva aver contagiato il trentottenne ricoverato in terapia intensiva, è sfumata. Più test hanno dimostrato che non è lui il paziente zero.

RICERCA DIFFICILE
Ormai, con il coronavirus che in Lombardia è arrivato fino a Milano, appare impossibile trovare il paziente zero e perfino inutile: troppo tardi per arginare il contagio. Su questo però dissente il governatore della Lombardia, Attilio Fontana: «Non abbiamo cessato di cercare, vogliamo ricostruire la catena del contagio. Certo, più passa il tempo, più diventa difficile». C'è un paradosso: nell'ospedale di Codogno decisero di sottoporre al test del coronavirus il trentottenne con la febbre alta e difficoltà respiratoria, solo quando la moglie ricordò che era stato una decina di giorni prima a cena con l'amico tornato dalla Cina.

Poi gli approfondimenti hanno dimostrato che il manager non c'entrava nulla, ma senza il suo viaggio in Asia non si sarebbe acceso il campanello di allarme e non sarebbe stato svolto il primo test che ha poi messo in moto la macchina della ricerca e che ha fatto scoprire decine e decine di casi in Lombardia. Probabilmente anche l'intuizione dei medici del Veneto, che hanno trovato i due positivi di Vo' Euganeo, è scattata dopo il caso di Codogno. Insomma, non era il paziente zero ma ha contribuito a scoprire gran parte dei casi di coronavirus italiani.
 

 
 

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