Coronavirus, la seconda vittima veneta: vita ritirata, da 20 giorni era in ospedale

Coronavirus, la seconda vittima veneta: vita ritirata, da 20 giorni era in ospedale
Coronavirus, la seconda vittima veneta: vita ritirata, da 20 giorni era in ospedale
di Mauro Favaro
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 26 Febbraio 2020, 08:46 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 11:38

Primo caso di coronavirus a Treviso, purtroppo è stato subito fatale. Luciana Mangiò, 76enne residente in via Piave a Paese, è morta ieri pomeriggio al Ca' Foncello. Si teme che il contagio possa essere avvenuto proprio all'interno dell'ospedale di Treviso, dov'era ricoverata da ormai venti giorni. Sarebbe lo scenario peggiore. La donna era già costretta a convivere con alcune gravi patologie, e poche ore prima del decesso è risultata positiva al test per il nuovo coronavirus. Colpita da Alzheimer e affetta da obesità, negli ultimi anni aveva sempre condotto una vita ritirata. Viveva da sola ed era seguita da una badante originaria della Moldavia. «Stava sempre a casa ricordano alcuni residenti in via Piave aveva uno stile di vita opposto a quello che si pensa quando ci si immagina una persona che potrebbe avere dei contatti a rischio».

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I CONTATTI
Nell'ultimo periodo Luciana aveva incrociato solamente la badante e due vicini di casa. Nessun altro. Ieri pomeriggio l'Usl della Marca ha portato tutti e tre in ospedale per eseguire dei tamponi di controllo. Al momento non presentano sintomi simil influenzali, ma si vuole capire se anche loro hanno contratto il nuovo coronavirus, se non altro per provare a limitare subito l'eventuale diffusione. Adesso sono tutti e tre in quarantena a casa, in attesa dell'esito degli accertamenti. «I pochi contatti extra-ospedalieri della 76enne sono stati tutti già individuati e isolati a domicilio», confermano dall'azienda sanitaria. La grande paura, però, è rappresentata dal fatto che possa essere stata contagiata all'interno dell'ospedale. 

IL RICOVERO
La donna, infatti, era stata ricoverata nella prima parte di febbraio. E in questo lasso di tempo ha passato diversi servizi e reparti: il Pronto soccorso, la Geriatria e la Terapia intensiva, senza contare l'unità di Malattie infettive, che ha visto l'intervento degli specialisti che l'hanno sottoposta al test per il coronavirus. Tutto è iniziato il 7 febbraio. La 76enne di Paese era arrivata nell'area dell'emergenza-urgenza del Ca' Foncello alle sei di mattina a bordo di un'ambulanza del Suem118. Le sue condizioni di salute erano già precarie. Non aveva febbre, ma un grave scompenso cardiaco e una respirazione alterata. Dopo il ricovero nel reparto di Geriatria, aveva iniziato ad assumere una terapia specifica e sembrava essersi ripresa. Il 19 febbraio, però, le cose sono precipitate. Alla donna era salita la febbre, con conseguente peggioramento dell'attività polmonare. Lunedì c'era stato un ulteriore peggioramento. Ed era emersa la virosi. Nel primo pomeriggio di ieri è stata trasferita nell'unità di Rianimazione. Nelle stesse ore è stato eseguito il test per il coronavirus che è poi risultato positivo. E alle 18.10 il suo cuore ha smesso di battere. 

IL BOLLETTINO
«La paziente, affetta da obesità, presentava un grave scompenso cardiaco. Ricoverata in Geriatria, era stata sottoposta a tutte le necessarie terapie fanno il punto dall'Usl della Marca ieri, a seguito dell'aggravamento dello scompenso cardiaco, con peggioramento delle condizioni generali, era stata trasferita In Rianimazione, dove alle 18.10 è sopraggiunto il decesso, per il grave scompenso cardiaco. L'Usl, applicando il protocollo generale relativo al Covid-19, aveva effettuato il tampone nel corso della mattinata, risultato positivo». Ma praticamente non c'è stato il tempo per intervenire. Luciana è mancata tre ore dopo l'ingresso nella Terapia intensiva centrale. 

IL CONTAGIO
Sempre ieri un'altra trevigiana è stata colpita da coronavirus. Questo caso conclamato, però, è legato alla Marca in modo indiretto. La donna, infatti, è formalmente residente a Treviso. Da qualche tempo, però, ha spostato il proprio domicilio a Vo' Euganeo, epicentro del focolaio esploso in provincia di Padova, dove convive con il compagno, gestore di un bar nel paese sui colli, in questo periodo completamente isolato dal resto del mondo per ridurre al minimo il rischio di nuovi contagi. Lei si trovava nel comune del padovano già prima dell'esplosione dell'emergenza coronavirus. Non è mai entrata in uno degli ospedali trevigiani. 
 

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