Coronavirus, chiusi in stanza per la paura: «Quando usciremo da qui?»

Coronavirus, chiusi in stanza per la paura: «Quando usciremo da qui?»
di Camilla Mozzetti
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Sabato 8 Febbraio 2020, 08:08
Prima c'era solo la noia, poi è arrivata la preoccupazione a rendere più difficile il soggiorno obbligato per i 55 italiani - tra cui 6 bambini - che si trovano in quarantena alla città militare della Cecchignola. Sono scappati dal coronavirus domenica scorsa a bordo di un volo dell'Aeronautica militare che li ha riportati in Italia e quando hanno varcato i cancelli della cittadella, a bordo di pullman scortati dalle forze dell'ordine, il nemico sembrava essere rimasto alle spalle. Lontano migliaia di chilometri. Poi si è palesato nel corpo di uno di loro, un ricercatore 35enne della provincia di Reggio Emilia che è stato trasferito all'Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani. Le sue condizioni non sono critiche: per il momento i sintomi si fermano a febbre e congiuntivite.

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Ma la notizia nelle prime ore ha allarmato gli altri italiani, costretti a un soggiorno che diventa ora più lungo. La loro quarentana riparte, infatti, da capo. E non cancella soltanto questi primi giorni di una condizione che nessuno avrebbe mai immaginato di vivere. Butta giù gli animi e genera sconforto. Amplifica le ore delle giornate e le rende interminabili. Perché non c'è solo da aspettare. Ora c'è anche da sperare che nessun altro possa manifestare la sintomatologia di un virus che ha piegato la Cina. C'è chi prova a leggere libri, ascoltare musica, giocare al computer o guardare film. «Serve a distrarci - dicono alcuni degli ospiti della Cecchignola - ma è un po' come un palliativo». Diversivi effimeri che scacciano via soltanto per qualche istante la paura del domani.

LE DOMANDE
La domanda che si rincorre tra le menti, che viene sussurrata a bassa voce tra quei pochi che hanno stretto amicizia per farsi forza e provare a ingannare il tempo, è sempre la stessa: «Quando usciremo da qui?». Il direttore scientifico dello Spallanzani Alfonso Ippolito ieri in conferenza stampa ha rassicurato: «Al termine della quarantena i bambini che si trovano ora alla Cecchignola potranno regolarmente tornare a scuola», fugando così alcune preoccupazioni divampate dopo che uno degli ospiti della città militare, contattato dal provveditorato agli studi della propria città, ha denunciato una presunta petizione raccolta nella scuola del figlio per ritardarne il rientro. «Rischiamo di essere vittime del pregiudizio e della paura», ha detto il papà. Prima ancora della malattia. Che comunque spaventa in questa oasi dai prati curati e sempreverdi che in pochi ormai frequentano nelle ore del giorno. La maggior parte degli ospiti ha preferito in queste ore restare in camera: quasi deserti i luoghi in comune.

L'IRRITAZIONE
Ma non è soltanto il timore a scandire il peso delle giornate, si è aggiunta anche l'irritazione per le informazioni «arrivate con troppo ritardo». «Le notizie ci arrivano guardando i cellulari sui siti online e alla tv - chiosa più di un ospite - È chiaro che questo ci preoccupa e genera spavento nei nostri familiari che sono in apprensione». Il gruppo ieri ha appreso del prolungamento per la quarantena «dal bollettino medico dello Spallanzani in diretta tv». Per chi ha fede la preghiera aiuta, nella struttura è stato messo a disposizione anche del personale qualificato per un supporto psicologico.

«Quello che più ci preme, oltre a scongiurare altri casi, è uscire da qui presto evitando qualsiasi tipo di ripercussione». La paura genera paura si sa. Per il momento la situazione è tenuta sotto costante controllo. Nei prossimi giorni i 55 italiani saranno nuovamente sottoposti alle analisi - primi fra tutti i tamponi faringei - mentre a intervalli di ore viene loro presa la temperatura e quando escono dalle stanze indossano tutti le protezioni previste. Motivo per cui i pranzi e le cene si svolgono nelle rispettive camere e non nei luoghi comuni. Perché è soltanto qui che gli italiani possono levarsi dal volto le mascherine e i guanti in lattice dalle mani.
 
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