Basilicata in lockdown, perso un miliardo di Pil: annullato l'effetto Matera

Basilicata in lockdown, perso un miliardo di Pil: annullato l'effetto Matera
di Camilla Mozzetti e Francesco Pacifico
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Martedì 11 Agosto 2020, 06:46 - Ultimo aggiornamento: 15:36

Un miliardo di euro sfumato per il lockdown. Questo, a fine anno, sarà il conto pagato dalla Basilicata per il Covid. Nonostante la pandemia qui abbia contagiato meno di 500 persone e causato 28 decessi. Uno choc che vale doppio: accanto alla riduzione di Pil stimata tra l'11 e il 13 per cento, la Regione vede cancellare quella che poteva essere l'occasione della svolta.

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LA SVOLTA MANCATA
Proprio quest'anno Fca a Melfi avrebbe già dovuto iniziare a produrre la Jeep elettrica a Melfi, trasformando - in prospettiva della fusione con la francese Psa - lo stabilimento in una delle eccellenze sul fronte dell'innovazione del gruppo. Garantendo al territorio certezze che non esistono negli altri siti italiani. Dopo tanto traccheggiare, a Tempra Rossa, era finalmente partita a fine del dicembre scorso la concessione petrolifera Gorgoglione, per estrarre fino a 15mila barili al giorno. Eppoi c'era Matera Capitale della cultura 2019, con il 2020 che avrebbe dovuto portare tutta la regione, non soltanto la città dei Sassi, a diventare una delle mete principi di tutto il Mezzogiorno, con stranieri a cercare qui al Sud un nuovo Chiantishire. Invece, con il lock down, con il crollo del consumo del petrolio e le macchine invendute sui piazzali degli autosaloni, tutti questi volani sono stati congelati. Come il presente e forse il futuro della stessa Basilicata.
 


«Ora il problema principale - segnala Francesco Summa, presidente della Confindustria lucana - è di liquidità: il 18 per cento delle nostre associate minaccia di chiudere perché è senza soldi, nonostante tutti gli incentivi a fondo perduto previsti del governo. Poi questa ripresa è schizofrenica: Maratea, in questi giorni d'agosto, è piena di turisti, ma il più bell'albergo è chiuso». E intanto nella regione che esprime il ministro della Sanità, il potentino Roberto Speranza, ci si interroga se era davvero necessario blindarsi come in Lombardia e Veneto. «Quel che è certo - conclude amaro Summa - è che il Sud si è mostrato responsabile, ma il Nord, al nostro posto, non si sarebbe fermato. Ora vorrei che, per ripagarci, lo Stato cambi le regole sugli investimenti, confermi la regola del 34 per cento e dirga, superando le differenze delle Regioni, l'80 per cento dei fondi europei su infrastrutture che cancellino la distanza tra le due parti del Paese».

DIFFICOLTÀ A RIPARTIRE
L'ultimo bollettino parla tra le province di Potenza e Matera di zero nuovi contagiati. L'indice Rt, quello che illustra la diffusione del virus, è intorno allo 0,02 per cento. C'è voglia di ripartire, ma è complesso visto l'impatto - non sanitario - lasciato dalla pandemia. Come detto, il Pil a fine anno calerà di un decimo. I posti di lavoro, diretti, attualmente persi sono circa 10mila, che secondo i sindacati si traducono in una disoccupazione del 27 per cento. Soltanto il turismo, quello che doveva fare il balzo, registra perdite per 100 milioni, l'agricoltura - ancora oggi un perno del sistema Basilicata - vedrà a fine il suo giro d'affari ridursi di circa 350 milioni. Tutto il resto del rosso riguarda proprio le due filiere più importanti (automotive e petrolio), mentre i piccoli negozianti lamentano che del loro incasso è rimasto appena un terzo rispetto allo scorso anno. «A Matera - spiega Angelo Tortorelli, direttore della Confcommercio della Basilicata - al di là dell'anello sopra i Sassi, botteghe e ristoranti sono vuoti, è un disastro: eravamo una metà ambita per la cultura a livello internazionale, adesso il 7 per cento dei nostri associati ha già chiuso e le vendite e i consumi sono crollati dell'80 per cento. Anche se qualche comitiva di turisti italiani sono tornati. E questo un minimo di entusiasmo ce lo dà». Poche, pochissime le note positive. Tra queste va segnalata la capacità del settore agricolo di salvare la raccolta della frutta, in una regione dove soltanto la produzione di fragole vale intorno ai 100 milioni di euro. «Abbiamo firmato tre protocolli - ricorda Donato Di Stefano, direttore della Cia - per portare gli stagionali dalla Puglia e dalla Calabria, triplicando anche i pullman.
Da noi, poi, l'agricoltura è ancestrale, ci sono circa 20mila famiglie che vivono della coltura, dell'allevamento e della vendita diretta. Ma per il resto le nostre aziende vinicole, nonostante il successo dell'Aglianico, hanno tenuto in cantina il 70 per cento di quanto prodotto».

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