Coronavirus, ipotesi asili al via già in estate. Ma distanziare i bambini per le scuole è impossibile

Coronavirus, ipotesi asili al via già in estate. Ma distanziare i bambini per le scuole è impossibile
Coronavirus, ipotesi asili al via già in estate. Ma distanziare i bambini per le scuole è impossibile
di Rosario Dimito e Lorena Loiacono
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Venerdì 1 Maggio 2020, 08:03 - Ultimo aggiornamento: 13:55

Asili Nidi, scuole materne e centri estivi. Anche se «servono misure di prudenza» nell'allentamento delle misure di contenimento, successive a quelle da lunedì 4, Giuseppe Conte ieri, parlando alla Camera e Senato sulla graduale uscita dal lockdown, ha aperto alla riapertura delle scuole per l'infanzia della fascia età dai neonati fino a sei anni, da combinare probabilmente con la ripresa di altri settori produttivi in modo da permettere ai genitori di tornare al lavoro. Ma riaprire questo tipo di scuole, presenta notevoli difficoltà pratiche.

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Questa popolazione complessiva si attesta a circa 1,7 milioni bambini, di cui 300 mila nei nidi e 1,4 milioni nelle materne. Le attività pubbliche sono 13.286 attività e quasi 9 mila le paritarie, in base alla legge Berlinguer 62/2000. Tra le tante categorie sacrificate dalle restrizioni, il governo vuol dedicarsi «ai nostri bambini e ai nostri ragazzi. È una condizione che, se unita anche alla situazione di difficoltà economica in cui purtroppo versano molte famiglie, rischia di amplificare ancor di più le diseguaglianze sociali», ha spiegato il premier.
Ma il mondo dell'infanzia è molto scettico. In seno al ministero dell'Istruzione è stato da poco costituito un comitato apposito per le riaperture, ma a settembre. Adesso Conte vuol accelerare all'estate.

Quando, come e a quale condizione? Sono gli interrogativi che si pone Luigi Morgano, segretario generale della Federazione italiana scuole materne (Fism). «Dobbiamo partire dalla salvaguardia della salute dei bambini, insegnanti, educatori, con ricadute sui familiari», spiega. Gli edifici scolastici che dovranno essere sanificati tutti i giorni, sono suddivisi in aule. Ma se persiste il distanziamento sociale, come protezione di base, significa che ogni aula può contenere al massimo il 50% della capienza. «Ad esempio si ipotizza di alternare in due turni, mattina e pomeriggio, o a giorni alterni, ma con quali criteri, quali priorità volendo le scuole garantire la qualità del servizio scolastico ed educativo?». Si potrebbe utilizzare gli spazi all'aperto, come i cortili o i giardini. Non tutte le scuole ne dispongono in misura adeguata e comunque queste aperture sono limitate e, stante l'obbligo di distanza di un metro tra bambini e insegnanti, potrebbero trovare posto 2-3 classi.
 


Altro tema spinoso le mascherine. «Come si fa a far indossare questi dispositivi a bambini di 3-4 anni? Può essere un gioco ma come tale dura poco e poi ai bambini non è semplice imporre la distanza», prosegue Morgano. «Non è un caso che oggi opportunamente si ipotizzi di far indossare le mascherine agli insegnanti e non ai bambini e sappiamo anche che il distanziamento nella scuola dell'infanzia può essere solo fisico non sociale».

BIMBI IN BRACCIO
E la mensa? Bisognerà sospenderla. «Ci sono problemi pedagogico-didattici, gestionale, di bilancio, affrontando la questione si riconosca il primato del bambino, non è immaginabile che la scuola dell'infanzia possa essere pensata solo come custodia per favorire il rientro al lavoro dei genitori», conclude Morgano.

Anche riaprire i nidi e permettere il rientro dei bambini, al di sotto dei tre anni, sarà impossibile: difficile che un bimbo di due anni possa coprire la bocca e il naso con la mascherina per ore, o resti a distanza dei coetanei. Che dire poi dei bambini che hanno meno di un anno? Spesso non camminano, sono in braccio all'educatrice: piccoli e personale potranno entrare così a stretto contatto? Sarebbe un rischio enorme. E la mensa? I bambini di 1-2 anni non mangiano da soli, devono essere imboccati, inutile parlare di quelli sotto un anno di età.

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