Coprifuoco, giro di vite se i casi crescono: «Chiusure anticipate alle 22». Tra dieci giorni nuovo step

Coprifuoco, giro di vite se i casi crescono: «Chiusure anticipate alle 22». Tra dieci giorni nuovo step
Coprifuoco, giro di vite se i casi crescono: «Chiusure anticipate alle 22». Tra dieci giorni nuovo step
di Alberto Gentili
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Martedì 20 Ottobre 2020, 22:30 - Ultimo aggiornamento: 21 Ottobre, 16:47

«Per il momento lavoriamo con le Regioni e i Comuni». Roberto Speranza, ministro della Salute e alfiere nella lunga guerra contro la pandemia della linea della «massima prudenza e cautela», per ora esclude qualsiasi tipo di intervento nazionale. E lo stesso fa Giuseppe Conte che parla di «misure restrittive localizzate».

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La strategia del premier, che nel week-end ha respinto la richiesta del Pd e di Speranza di un nuovo e rigoroso giro di vite in tutto il Paese per provare ad arrestare l’impennata dei contagi, è infatti ormai chiara: far fare il “lavoro sporco”, quello più impopolare, a sindaci e governatori di Regione mantenendo però «un coordinamento nazionale».

E l’operazione al momento sta riuscendo: dopo la Lombardia, hanno deciso restrizioni la Campania, il Piemonte e la Liguria. E altre Regioni e Comuni tra oggi e domani seguiranno. «Ma per favore non si parli di scaricabarile», dice un esponente 5Stelle molto vicino a Conte, «è giusto e sacrosanto che ha decidere le strette siano gli Enti locali: hanno fino in fondo il polso della situazione, conoscono le condizioni del sistema sanitario locale e delle terapie intensive, il tipo e il numero di assembramenti nel loro territorio...».

Presto però, «tra una decina di giorni o due settimane, appena vedremo gli sviluppi ulteriori dell’epidemia», afferma una fonte di governo che cura il dossier-Covid, «se la situazione non migliorerà, diventerà indispensabile un provvedimento per tutto il territorio nazionale in modo da omogeneizzare le misure assunte nel frattempo da Comuni e Regioni. Probabile l’anticipo del “coprifuoco” alle dieci di sera, in modo da ridurre ulteriormente le occasioni di contagio innescate dalla movida e dalle cene tra amici o tra nuclei familiari che, come testimoniano le statistiche, sono fonte del 75% dei contagi: in casa e ai tavoli dei ristoranti si abbassano le mascherine e le difese... Poi, se questo non basterà, si anticiperà alle 21 come hanno fatto in Francia».

Si andrà insomma «per gradi», sperando che trovi conferma nei prossimi giorni il primo segnale incoraggiante da settimane: il rapporto positivi-tamponi è sceso ieri dal 9,4 di lunedì a 7,5%. Nel frattempo è Speranza, assieme al ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, a garantire il coordinamento e la regia delle strette territoriali e a introdurre quelle cautele e restrizioni che gli sono state negate domenica nell’ultimo Dpcm. Il telefono del responsabile della Salute ieri «ribolliva», come dice uno dei suoi. Telefonate con Enzo De Luca e Giovanni Toti, governatori di Campania e Liguria, con il sindaco di Genova Marco Bucci, con il presidente del Piemonte Alberto Cirio, e con altri sindaci e leader regionali. Con i suoi interlocutori Speranza analizza la situazione, valuta le condizioni delle terapie intensive, l’indice di contagio. Alla fine suggerisce le misure da adottare in ragione del livello di rischio e del grado di saturazione dei Covid-Hospital. Perché tutto parte da qui: prevenire ed evitare il collasso dei sistemi sanitari territoriali. E, per quanto possibile, tentare di continuare con il contact-tracing dei contagiati per limitare (per quanto possibile) la diffusione del virus.

Non a caso Conte, oltre a indicare la strada del «coordinamento nazionale», parla di «costante dialogo e collaborazione tra il ministro della Salute e gli Enti locali». E, tra vedere e non vedere, torna a escludere un lockdown nazionale come accadde tra marzo e maggio: «Siamo in una situazione differente rispetto alla prima ondata, non possiamo riproporre la medesima strategia. Nella primavera scorsa eravamo impreparati, mancavano le mascherine, i ventilatori, le attrezzature mediche e ci siamo ritrovati a un lockdown generalizzato. Ora la situazione è sensibilmente diversa, abbiamo potenziato il Servizio sanitario nazionale, distribuiamo ogni giorno 20 milioni di mascherine. Per questo le misure restrittive sono e saranno localizzate, decise a livello territoriale dai presidenti delle Regioni o dai sindaci. Se ho commesso errori? Non sono infallibile, ma evitiamo reazioni emotive».

Soprattutto, il governo è determinato ad evitare un lockdown generalizzato perché, come dice il viceministro dell’Economia Antonio Misiani, «sarebbe un colpo mortale» per una ripresa economica che ha già ricominciato a balbettare causa-virus. E perché, dopo i 100 miliardi stanziati tra marzo e agosto per sostenere le categorie e i settori produttivi più colpiti dall’epidemia, sarebbe decisamente difficile (con il debito già alle stelle) gettare sul piatto una mole analoga di risorse.
 

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