Il caso del bimbo con i genitori no vax di Modena e il "best interest of the child"

Il caso del bimbo con i genitori no vax di Modena e il "best interest of the child"
di Andrea Catizone
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Sabato 12 Febbraio 2022, 20:29 - Ultimo aggiornamento: 13 Febbraio, 15:11

“Prima di tutto viene il bene del minorenne”. E’ su questo assunto che il Giudice Alberto Rovatti del Tribunale di Modena ha consentito l’intervento al cuore di un bambino di soli due anni al quale si erano opposti i genitori no-vax che non volevano venisse utilizzato il sangue di persone vaccinate per eventuali trasfusioni, impedendo di fatto l’esecuzione di un’operazione vitale per il piccolo. Una bella pagina della capacità del sistema giustizia di dare una risposta immediata ad un terribile conflitto tra le convinzioni di una coppia genitoriale e il diritto alla salute del figlio minorenne che, se non risolto subito, avrebbe avuto degli effetti nefasti sul bambino.

Di questo tipo di conflitti, magari con sfumature differenti, sono pieni i Tribunali d’Italia negli ultimi tempi e mostrano chiaramente lo stato di crisi in cui versa la funzione educativa e genitoriale. Al di là delle convinzioni sul tema dei vaccini, il caso affrontato dal Tribunale di Modena accende una luce sul ruolo che debbono avere le persone che educano, sul significato che oggi assume questo compito e le modalità attraverso le quali esso si possa e debba esercitare.

Una prima risposta ad ogni tipo di dubbio la si individua in quello che universalmente viene definito il best interest of the child, che obbliga chi educa a non seguire sempre e solo le proprie convinzioni pensando a ciò che è necessario ed opportuno per sé, e spinge a fare una valutazione che porti a individuare ciò che è necessario ed opportuno per il proprio figlio o figlia, che sono esseri umani distinti, con la propria autonomia. Si tratta di un’attività complessa e difficilissima, che richiede un equilibrio ed una maturità marcati: ma si tratta anche del gesto d’amore più forte e potente che si possa fare verso i propri figli.

Quante volte abbiamo proiettato la vita dei nostri bambini e bambine nel futuro immaginandoli a svolgere prestigiose professioni o ruoli, quante volte abbiamo dovuto rivedere, man mano che crescevano, scelte fatte per il loro bene, ma secondo le nostre aspettative.

Fare i genitori è complicatissimo, non c’è dubbio: non ci sono istruzioni per l’uso quando si diventa madri o padri.

Ogni figlio è diverso dall’altro e ogni momento richiede attenzioni diverse. Gli errori di valutazione sono dietro la porta…. quante ovvietà. Tuttavia ci sono delle strade maestre che disegnano la traiettoria e consentono di arrivare ad una decisione mediata tra le proprie ferree convinzioni e le scelte da fare per i figli. Una di queste è l’ascolto del minorenne, quando possibile.

Tuttavia predisporsi a ragionare sul fatto che ciò che decido per un'altra persona non ha la stessa natura di ciò che decido per me stessa o me stesso e che gli esseri umani che abbiamo messo al mondo non sono un pezzo di noi, ma sono altro da noi con la loro vita, con le loro convinzioni, con le loro scelte, con le loro necessità, con i loro desideri, con le loro aspettative, e così via, questa convinzione appunto aiuterebbe ad evitare che si interrogasse un’autorità terza per assumere una decisione che, anche solo col buon senso, sarebbe stata chiarissima fin dal principio.

I Tribunali sono pieni di questioni irrisolte tra i genitori che non riescono a mettersi d’accordo su cosa fare per i propri figli perché non si occupano di quello che i figli vorrebbero, ma solo dei propri bisogni e dei propri punti di vista!

Questo non significa che i genitori debbano scardinare il principio di autorità dentro le relazioni familiari, anzi, un'attitudine aperta ai minori e ai loro diritti rafforza tale principio! E’ un’attività forse non spontanea, ma alla quale dobbiamo abituarci per valutare l’importanza e gli effetti delle scelte e soprattutto delle ricadute che esse hanno sui figli e se i figli sono allineati con questi risultati. Prima di tutto viene il bene del minorenne, ha detto il giudice, ma è mai possibile che i genitori non riescano a rintracciarlo da soli?

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