Tumore del rene, l'ecografia aiuta la prevenzione
L'incidenza della malattia, invece, resta costante tra le donne (4.500). I maschi, più delle donne, hanno deciso di smettere di fumare. Con effetti quasi immediati sulla salute generale della popolazione. Il fumo, come l'obesità, l'ipertensione, la sedenterietà e l'esposizione a sostanze tossiche sono i maggiori fattori di rischio rispetto al cancro del rene.
In Italia, il 71%, delle persone con questa patologia è vivo a 5 anni dalla diagnosi e può, come fa sapere la Fondazione Veronesi, essere considerato guarito. Un risultato importante di 10 punti sopra la media registrata nell'intero continenete. Sono state, in particolare, le nuove terapie e le mutate abitudini di vita a far cambiare la rotta. Ancora indietro, in nostro Paese, è nella diagnosi precoce.
«È dimostrato che l’attività fisica praticata con costanza è in grado di ridurre fino al 22% il rischio di sviluppare la malattia – spiega Massimo Di Maio, Segretario Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e Direttore Oncologia dell’Ospedale Mauriziano, Università di Torino -.
Non solo. Anche nei pazienti che hanno già ricevuto la diagnosi, il movimento può migliorare del 15% i risultati dei trattamenti, riducendo fatigue, ansia e depressione, con un impatto positivo sulla qualità di vita. Si tratta di risultati paragonabili a quelli di un farmaco efficace. Purtroppo, in Italia, ben il 34,5% dei cittadini è sedentario e, fra i pazienti con tumore del rene, questa percentuale cresce fino al 75%».
I principali sintomi sono sangue nelle urine, dolore al fianco e presenza di una massa palpabile a livello addominale, spesso presenti solo in fase metastatica. Circa il 60% delle diagnosi – aggiunge Cristina Masini, Dirigente medico Oncologia Ausl Reggio Emilia - è casuale e avviene di solito tramite un’ecografia addominale eseguita per altri motivi, senza sintomi specifici. Una casualità che presenta conseguenze positive, perché in questo modo la malattia può essere individuata precocemente e curata con successo. Se riusciamo a intervenire durante le prime fasi della patologia, le guarigioni superano il 50%. Ma circa il 30% delle diagnosi avviene ancora in stadio avanzato. In questi casi, il tasso di sopravvivenza a 5 anni è del 12%, ma in graduale aumento grazie a terapie innovative. Ad esempio cabozantinib è un nuovo inibitore delle tirosin-chinasi, che ha dimostrato di essere particolarmente efficace nei pazienti in fase metastatica. Svolge un’azione anti-angiogenica, riuscendo a fermare la formazione di vasi sanguigni». Nel nostro Paese vivono più di 129mila persone con la diagnosi.