Trapianto a 18enne, il medico: «Polmoni erano come sassi. Lui non sa nulla: due mesi fa aveva solo un po' di febbre»

Trapianto a 18enne, il medico: «Polmoni erano come sassi. Lui non sa nulla: due mesi fa aveva solo un po' di febbre»
Trapianto a 18enne, il medico: «Polmoni erano come sassi. Lui non sa nulla: due mesi fa aveva solo un po' di febbre»
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Venerdì 29 Maggio 2020, 13:33

Del suo caso, con un trapianto da record, si è parlato in tutta Italia e non solo: Francesco (nome di fantasia), 18 anni, i polmoni letteralmente bruciati dal Covid-19, si è sottoposto a trapianto di polmoni e ora sta meglio. Un'operazione complicatissima, come ha raccontato uno dei medici che lo ha salvato, Mario Nosotti, in un'intervista a Radio Capital e in un colloquio con l'agenzia Adnkronos Salute.

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«Il problema principale era dare un organo ad un paziente con una patologia così nuova e così sconosciuta - ha detto Nosotti a Radio Capital - problema che si riflette in due aspetti: uno è assicurarsi che una volta trapiantati i polmoni nuovi questi non venissero nuovamente attaccati dal virus, che è una cosa che non ci ha fatto dormire la notte. Seconda cosa, dovevamo proteggere tutto il personale».

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«L’eccezionalità sta nel fatto che nessuno nel mondo occidentale ha affrontato gli esiti da coronavirus, confidando sul fatto che i pazienti siano liberi da carica virale - continua Nosotti - I polmoni erano come sassi. Noi eravamo bardati con tute impermeabili, tre paia di guanti, la nostra mobilità chirurgica era complessa: non era semplice rimanere concentrati in questa situazione». «Lui sta benino, fa fisioterapia respiratoria, è cosciente: ma non sa nulla. Si è addormentato due mesi fa con un po’ di febbre e si risveglia con due polmoni nuovi. C’è una equipe di psicologi che comunica con lui e pian pianino gli spiega tutto».

"GUARDA I CARTONI E FA VIDEOCHIAMATE" Francesco, ha detto Nosotti all'Adnkronos Salute, si è svegliato «molto arrabbiato. Del resto basta immaginare: aveva la febbre alta e gli è stato detto 'ora ti addormentiamo'. Pensi siano passati pochi minuti e ti svegli in un mondo nuovo. Un'équipe di psicologi gli sta vicino, lo sta seguendo». Ha 18 anni e il coronavirus Sars-Cov-2 non è stato clemente con lui. «Ma è un ragazzone di 1 metro e 80 e dopo le prime ore già eravamo riusciti a toglierlo dall'Ecmo», la circolazione extracorporea «che l'aveva tenuto in vita. È stata la dimostrazione che gli organi che gli sono stati donati e impiantati hanno avuto un effetto molto positivo, davvero fuori dal normale. Ora Francesco guarda i cartoni animati, vede i suoi in videochiamata, passa le sue giornate così».

Sono passati «una decina di giorni» dall'intervento. E lo specialista, direttore Trapianti di polmone al Policlinico di Milano, tiene a precisare: «Francesco è stato salvato prima di tutto dal coraggio di un'idea. Sono stati i medici dell'ospedale San Raffaele», dove il ragazzo è arrivato nei primi giorni di marzo con la febbre alta e in condizioni diventate gravissime nel giro di poco, «che hanno pensato a questa opzione del trapianto» e non l'hanno abbandonato all'unica alternativa a cui sembrava destinato, cioè la morte. «La differenza l'ha fatta aver avuto qualcuno che ci abbia pensato. Poi noi abbiamo messo in pratica» questa strada inesplorata tranne che in rari casi in Cina. «Il tutto con l'appoggio di una grande squadra unica».

CHIRURGHI BARDATI Le risorse che è stato necessario mettere in campo per Francesco sono state veramente tante. Tutto è stato curato nei minimi dettagli, dai chirurghi che hanno operato bardati in tute ingombranti e caschi che richiamano quelli degli astronauti («sembrava un pò come stare nello spazio», conferma Nosotti) agli infermieri «che si sono prodigati in percorsi particolari puliti per far transitare il paziente. C'è stata grande professionalità da parte di tutti».

Uno dei momenti più critici è stato a monte: quello della decisione. «È stata una scelta ampiamente condivisa - racconta lo specialista - In primo luogo con i colleghi del San Raffaele, poi con i nostri che hanno preso in carico il paziente, con gli infettivologi guidati da Andrea Gori e i pneumologi guidati da Francesco Blasi. Questo intervento è stato poi condiviso con il mondo trapiantologico italiano. Abbiamo presentato il caso al Centro nazionale trapianti. Destinare una risorsa rara come un organo a una persona affetta da una patologia ignota come Covid-19 non è qualcosa di eticamente trascurabile. Noi dedichiamo un organo a una persona e non lo stiamo dando a un'altra. E la malattia in questione è così strana e aggressiva, non ha farmaci dedicati».

«Una decisione collegiale era indispensabile - prosegue - È stato stabilito un protocollo per eventuali prossimi pazienti per condividere le indicazioni con tutti i centri trapianti. La più importante è fare la cosa giusta al momento giusto per il paziente giusto». Altro punto critico nel percorso di Francesco è stato «riuscire a capire se il virus non c'era più. Perché può essere presente in alte cariche nella patologia conclamata ma poi può nascondersi. Abbiamo quindi lavorato con le infettivologie del Niguarda di Milano e del Policlinico San Matteo di Pavia per approfondire al massimo con tecniche particolari e sofisticate, in grado di evidenziare anche un solo virus».

LA SPERANZA Appurato che Sars-Cov-2 non era più presente, d'accordo con i rianimatori si è detto ok. Adesso per Francesco si è riaccesa la speranza. «Bisogna dare tempo al tempo, il ragazzo è ancora in rianimazione, ma l'inizio del percorso è stato positivo. Certo, la fortuna è un altra cosa», visto quello che ha passato. Quando Nosotti ha visto i polmoni del giovane, ricorda, «sono rimasto davvero colpito. Questo è un organo normalmente soffice, roseo. I suoi polmoni erano completamente l'opposto: duri, compatti, violacei. Un segnale chiaro del fatto che c'è stata una battaglia dura tra il virus e il sistema immunitario e il polmone è stato il campo di battaglia. Ne è uscito devastato».

Il cammino per Francesco «è appena cominciato. Il paziente in questo momento è infatti supportato dal respiratore, sta facendo fisioterapia respiratoria e motoria, deve imparare di nuovo a muovere le gambe, le braccia (queste ultime già le muove discretamente) e anche i muscoli respiratori devono riprendere a funzionare da soli. Riprenderà - dice Nosotti - Il ragazzo ha 18 anni e speriamo ce la faccia in pochi giorni. Avevamo però urgenza di dare un messaggio: questo caso ci fa vedere una luce. E dovevamo comunicare anche ai colleghi che esiste una possibilità alternativa al non trovare soluzioni. Nel paziente giusto può essere la strada giusta, purtroppo non per tutti». Francesco pian piano verrà messo al corrente di tutto quello che gli è successo. «È uno shock psicologico importante - sottolinea Nosotti - Gli è stato detto che è passato del tempo, il resto glielo spiegheranno con molta calma gli specialisti».

Negli occhi dei genitori, lo specialista ha visto «tanta speranza».

Sono stati giorni difficili per loro e per il fratello più piccolo di Francesco. «Già l'idea del trapianto aveva aperto loro un mondo. L'arrivo dell'organo altrettanto. Sapere che l'intervento è andato bene ancora di più. La strada da fare, però, per loro e per il ragazzo sarà ancora molto lunga». Il messaggio per tutti, conclude, è quello di «rispettare le misure di distanziamento, usare la mascherina, evitare assembramenti. Non dobbiamo più arrivare alle situazioni che abbiamo vissuto in questi mesi appena passati».

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