Nell’inchiesta che vede al centro una ventina di Rsa, tra cui anche il Pio Albergo Trivulzio e il Palazzolo-Don Gnocchi di Milano, si stanno verificando, da un lato, gli ingressi di pazienti Covid arrivati nelle residenze sulla base della delibera delle polemiche. Si deve accertare se siano state prese misure adeguate per isolarli dagli ospiti e se questi spostamenti possano aver favorito la diffusione del virus. Dall’altro lato, però, nelle indagini condotte dalla guardia di finanza e coordinate dal pool guidato dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, si stanno analizzando anche i trasferimenti di pazienti “tradizionali” nelle residenze sulla base di convenzioni delle strutture con la Regione già in atto da tempo. Da verificare quanti e quali trasferimenti sarebbero avvenuti anche dopo lo scoppio dell’epidemia, anche perché nelle strutture potrebbero essere stati portati malati con polmoniti, non ufficialmente Covid perché non erano stati fatti i tamponi.
Nei decreti delle perquisizioni dei giorni scorsi - prima al Trivulzio, poi al Don Gnocchi, setacciato per 19 ore di seguito - la procura nel lungo elenco dei documenti da acquisire ha indicato anche quelli sulle convenzioni «con Regione Lombardia» e su numeri e dati dei «pazienti ricevuti da altre strutture sanitarie» in un periodo che va da gennaio in avanti. Ad esempio, nel reparto pronto intervento geriatrico del Trivulzio (che sulla carta non avrebbe accolto pazienti Covid) sarebbero stati ricoverati da gennaio in avanti diversi pazienti con polmoniti. Gli investigatori hanno sequestrato centinaia e centinaia di cartelle cliniche di morti, malati, positivi e «nuovi ingressi», ossia pazienti arrivati dagli ospedali. Documenti che, come altri, andranno analizzati con un lavoro lungo, mentre continuerà la raccolta di denunce, in aumento costante, e di testimonianze di lavoratori e familiari di anziani.
Sull’ondata di decessi nelle Rsa, ieri otto medici della Fondazione Castellini Onlus, che gestisce una residenza per anziani a Melagnano, hanno pubblicato una lettera che è un duro atto d’accusa contro i vertici della Regione: «Quel che non ci spieghiamo è come sia stato possibile che nessuna istituzione abbia riflettuto sul fatto che le Rsa sono un concentrato di popolazione a rischio - scrivono - tutti si sono dimenticati di noi, salvo accorgersene adesso che, chissà come mai, molti anziani sono deceduti».
Si sfogano: «Dov’erano le istituzioni quando chiedevamo tamponi che non ci venivano dati, se non col contagocce? Dov’erano quando i nostri impiegati dell’ufficio acquisti cercavano di procurare per noi mascherine e dispositivi di protezione introvabili?».