Coronavirus, lo studio degli scienziati conferma: non è provato il legame con lo smog

Coronavirus, lo studio degli scienziati conferma: non è provato il legame con lo smog
Coronavirus, lo studio degli scienziati conferma: non è provato il legame con lo smog
3 Minuti di Lettura
Domenica 22 Marzo 2020, 13:45

Era una delle leggende metropolitane. Infatti, la correlazione tra smog e la diffusione del coronavirus non è attualmente provata. Lo sostiene una nota informativa della società italiana di aerosol, firmata da 70 scienziati di vari enti e istituzioni. «Ad ora non è stato dimostrato alcun effetto di maggiore suscettibilità al contagio al Covid-19 dovuto all'esposizione alle polveri atmosferiche» e «si ritiene che la proposta di misure restrittive di contenimento dell'inquinamento» sia, «allo stato attuale delle conoscenze, ingiustificata». La società italiana di aerosol (Ias) interviene dopo la nota di alcuni ricercatori che invece avevano riportato una presunta associazione tra inquinamento da particolato atmosferico (Pm) e diffusione del Covid-19. La Ias, dunque, che annovera tra i suoi soci circa 150 ricercatori esperti sulle problematiche del particolato atmosferico provenienti da Università, Enti di Ricerca, Agenzie regionali e provinciali per la protezione ambientale e dal settore privato ha deciso di esprimere un parere sulla base delle attuali conoscenze che, viene specificato «sono ancora molto limitate e ciò impone di utilizzare la massima cautela nell'interpretazione dei dati disponibili».

Coronavirus e traffico, i decreti e il saliscendi delle polveri sottili

Coronavirus, cala lo smog nel nord Italia: il satellite mostra le immagini

Se è vero che l'esposizione, più o meno prolungata, ad alte concentrazioni di polveri aumenta la suscettibilità a malattie respiratorie croniche e cardiovascolari e che questa condizione può peggiorare la situazione sanitaria dei contagiati, così come queste alte concentrazioni sono frequentemente osservate nel nord Italia, soprattutto nella pianura Padana, in inverno, «tuttavia, ad ora non è stato dimostrato alcun effetto di maggiore suscettibilità al contagio» dovuto alle polveri. È quindi possibile che alcune condizioni meteo, quali la bassa temperatura e l'elevata umidità atmosferica, possano creare un ambiente che favorisce la sopravvivenza del virus, ma «la covarianza fra condizioni di scarsa circolazione atmosferica, formazione di aerosol secondario, accumulo di Pm in prossimità del suolo e diffusione del virus non deve, tuttavia, essere scambiata per un rapporto di causa-effetto». Quanto ipotizzato, dunque «dovrà essere accuratamente valutata con indagini estese ed approfondite». Nello stesso modo, «si ritiene che la proposta di misure restrittive di contenimento dell'inquinamento come mezzo per combattere il contagio sia, allo stato attuale delle conoscenze, ingiustificata, anche se è indubbio che la riduzione delle emissioni antropiche, se mantenuta per lungo periodo, abbia effetti benefici sulla qualità dell'aria e sul clima e quindi sulla salute generale».

 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA