Coronavirus, l’epidemiologo Ciccozzi: «Il contagio in Italia da Germania e Cina»

Coronavirus, l epidemiologo Ciccozzi: «Il contagio in Italia da Germania e Cina»
Coronavirus, l’epidemiologo Ciccozzi: «Il contagio in Italia da Germania e Cina»
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Domenica 22 Marzo 2020, 01:33 - Ultimo aggiornamento: 12:40

Il nuovo coronavirus non è arrivato soltanto dalla Cina. A causarne la diffusione in Italia, finora soprattutto nelle regioni del Nord, pare sia stato un secondo ceppo che va localizzato in Germania. La scoperta, che in tempi di polemiche sui possibili untori potrebbe fare chiarezza sui reali passaggi del virus, è frutto del lavoro di Massimo Ciccozzi, lo studioso italiano che aveva iniziato a studiarne le mutazioni ancor prima che il coronavirus provocasse la pandemia. Dalla ricerca del direttore dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia molecolare dell’Università Campus Bio-medico di Roma, pubblicata sulla rivista Journal Medical Virology, viene fuori infatti che ci sarebbe stata una specie di doppia epidemia, il virus sarebbe arrivato in Italia cioè in due momenti diversi.

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DOPPIO INGRESSO
Al Campus Bio-medico, spiega Ciccozzi, «siamo riusciti a stabilire che l’epidemia italiana è avvenuta in due momenti probabilmente successivi e in due ingressi diversi. Un ingresso epidemico probabilmente con ceppi derivati dalla Cina e un altro con ceppi derivanti dalla Germania». Dunque, in un ipotetico tribunale che poco ha a che fare con la scienza e con le priorità imposte dall’emergenza sanitaria globale, l’Italia lascerebbe così definitivamente il banco dell’imputato, reo di aver diffuso agli altri Paesi un virus che ha una velocità di contagio alta e una letalità che sta aumentando, e non riguarda non solo le persone fragili e gli anziani.

La portata di questo studio è dunque del tutto evidente: «noi eravamo stati scambiati per untori, quando invece abbiamo subito noi due eventi epidemici, che hanno portato quello che oggi vediamo, stiamo subendo e cercando di arginare con tanti sacrifici». La disponibilità di soli due genomi italiani completi isolati nel Lazio e in Lombardia ha permesso di far capire come in Italia ci siano stati ingressi multipli del virus, probabilmente in tempi diversi anche se ravvicinati e da luoghi differenti. Lo studio dell’epidemiologo molecolare mette in guardia dunque dalla tentazione di trovare un presunto colpevole. «Innanzitutto - continua Ciccozzi - ora sappiamo che siamo anche noi vittime di un contagio globale e che ci aspettavamo, anche se non sapevamo quando. Siamo certi inoltre che certamente quando si studia una epidemia, non dobbiamo mai fare attenzione e concentrarsi su una sola etnia. Tanto è vero che il virus è arrivato da noi anche dalla Germania».

Per arrivare a queste conclusioni, il team di ricercatori del Campus Bio-medico ha fatto tesoro di competenze specifiche. «Abbiamo utilizzato i nostri metodi di epidemiologia molecolare e filogenesi e abbiamo adoperato i genomi completi europei più i soli due genomi italiani, più quello della coppia cinese curata in Italia. Abbiamo applicato modelli matematico statistici che ci hanno permesso di ricavare un albero filogenetico, ovvero di tracciare la genealogia del virus, arrivando a farci concludere che questa nostra epidemia è arrivata da due strade differenti».

NUOVO STRUMENTO
Queste conoscenze ora saranno utili non solo per comprendere meglio la diffusione del virus, ma anche per mettere in atto ulteriori misure necessarie per arginare l’epidemia. Grazie a questi studi, spiega Ciccozzi, «è possibile orientare le politiche di contenimento, per esempio concentrando l’attenzione non solo sulla etnia cinese, ma anche tenendo in osservazione persone che vengono da altri Paesi, come appunto quelli europei. In questo modo, nel breve tempo si può individuare un vero paziente zero». Chiarita, dunque, l’effettiva provenienza del coronavirus, il passo successivo per i ricercatori del Campus Bio-medico sarà quello di «cercare di capire perché il tasso di letalità si è alzato oltre la previsione. Noi ipotizziamo che le ragioni possano essere ambientali, così come genetiche individuali. E presto lo scopriremo».
 

 
 

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