Coronavirus, tutto quello che c'è da sapere: sintomi, contagio e cure più efficaci

Coronavirus, tutto quello che c'è da sapere: sintomi, contagio e cure più efficaci
di Valentina Arcovio
7 Minuti di Lettura
Sabato 1 Febbraio 2020, 08:39 - Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 05:12

Come avviene il contagio? Quali sono i sintomi? Come comportarsi nel caso si sospetti di avere contratto l'infezione? Quali precauzioni prendere? Ecco le risposte alle principali domande sul coronavirus. Anche nel caso in cui si manifestassero i sintomi caratteristici del coronavirus comunque non bisogna entrare nel panico: prima di tutto perché sono molto simili a quelli dell'influenza stagionale, ed è più probabile aver preso quest'ultima. Inoltre dai dati disponibili si intuisce che l'infezione non può definirsi letale. Si stima infatti che nell'80% dei casi abbia un decorso benigno. In altre parole si guarisce senza complicanze. Si è parlato di un 2% di mortalità, ma gli esperti concordano che si tratti di un dato ancora poco accurato. 

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Il contagio
Avviene anche dagli oggetti

Il nuovo coronavirus, come tutti quelli umani, si trasmette da una persona infetta a un'altra attraverso la saliva. Quindi, una persona può contagiare un'altra tossendo e starnutendo; con contatti diretti personali, come toccare o stringere la mano e portarla agli occhi, al naso o alla bocca; toccando prima un oggetto o una superficie contaminati dal virus e poi portandosi le mani, non ancora lavate, sulla bocca, sul naso o sugli occhi; e raramente con contaminazione fecale. Si tratta quindi di contatti molto stretti e ravvicinati che possono venire in ambienti piccoli e chiusi. In genere, il contagio avviene in famiglia e, se non si sta attenti, può avvienire tra la persona contagiata e l'operatore sanitario che se ne prende cura. 

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I segnali
Febbre, tosse dolori muscolari

I sintomi più frequenti sono febbre e tosse, anche se in alcuni casi non necessariamente si manifestano entrambe. Altre manifestazioni cliniche meno frequenti sono difficoltà a respirare, dolori muscolari, sintomi neurologici come mal di testa (8 per cento) e confusione. In alcuni casi i pazienti manifestavano chiari segni di una polmonite in corso con interessamento di entrambi i polmoni. Inoltre possono subentrare altre infezioni batteriche che possono complicare non poco le condizioni. Secondo gli esperti, ci sarebbero casi in cui l'infezione non dà alcun sintomo o solo sintomi lievi e quindi può addirittura passare inosservata. Questa sarebbe una delle motivazioni che sta rendendo difficile fare stime precise sui contagi.

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L'allarme
Quando andare dal medico

Nel caso in cui si manifestassero i sintomi legati al coronavirus non bisogna entrare nel panico. Prima di tutto perché sono molto simili ai sintomi dell'influenza stagionale ed è più probabile quest'ultima che il nuovo coronavirus. Si raccomanda inoltre di non recarsi al pronto soccorso, ma di rivolgersi in prima istanza al proprio medico di famiglia per valutare la situazione. Per le persone considerate «a rischio», cioè che hanno soggiornato nelle aree dove sono in corso focolai o che sono entrate in contatto con persone che hanno frequentato le aree con focolai, il ministero della Salute ha attivato un numero telefonico gratuito, 1500, da contattare a scopo precauzionale e a cui rivolgersi per ricevere tutte le informazioni. 


La malattia
I trattamenti a disposizione

Non esiste un trattamento specifico per la malattia causata da questo nuovo coronavirus. Si stanno sperimentando farmaci antivirali che stati sviluppati per altri virus e che contro di essi si sono rivelati efficaci. Lo scopo è quello di verificare se funzionano anche contro questo virus. Al momento però sono stati trattati con questi medicinali pochi casi e non abbiamo ancora informazioni accurate e precise sulla loro efficacia. Per cui il trattamento si basa sostanzialmente sui sintomi del pazienti. Inoltre, qualora ce ne fosse bisogno, è previsto solo il sostegno delle funzioni vitali, magari in rianimazione. Nella maggior parte dei casi l'infezione di risolve senza alcun problema, almeno dalle informazioni che abbiamo.
 




La profilassi
Per ora non c'è un vaccino

Esiste un vaccino? No. Essendo un virus nuovo non è mai stato sviluppato prima. In teoria, abbiamo la capacità tecnologica di crearne uno in tempi brevi, circa 6-8 mesi, ma bisogna ovviamente tenere conto di eventuali imprevisti. Difficile che sia pronto prima dell'autunno e si spera che per allora l'epidemia si sia spenta. Tuttavia il virus potrebbe non scomparire come ha fatto quello della Sars e rimanere in circolazione. Un vaccino, quindi, sarebbe fondamentale per prevenire altre epidemie e alcune aziende farmaceutiche ci stanno lavorando. Secondo gli esperti, l'unico vaccino che può al momento aiutarci è quello contro l'influenza stagionale. Prevenirla significherebbe anche ridurre le probabilità che si verifichino falsi allarmi.

L'infezione
Le possibili precauzioni

È possibile ridurre il rischio di infezione, proteggendo se stessi e gli altri, seguendo alcuni accorgimenti: lavarsi spesso le mani con acqua e sapone per almeno 20 secondi o con soluzioni alcoliche; starnutire o tossire in un fazzoletto o con il gomito flesso; utilizzare una mascherina e gettare i fazzoletti utilizzati in un cestino chiuso immediatamente dopo l’uso; evitare di toccare gli occhi, il naso o la bocca con mani non lavate; evitare contatti ravvicinati con persone che sono malate o che mostrino sintomi di malattie respiratorie (come tosse e starnuti); rimanere a casa se si hanno sintomi. Anche se per il coronavirus non sono emerse evidenze di contagio da pratiche alimentari, si consigliano comunque di evitare carne cruda, e frutta o verdura non lavate. 

La diffusione
I Paesi più esposti

Attualmente i paesi considerati più a rischio per il nuovo coronavirus sono quelli più vicini alla Cina, dove il flusso di persone è più frequente e dove quindi ci possono essere più contatti fra le persone contagiate. In secondo ordine, a rischio sono anche quei paesi che vedono frequenti spostamenti da e per la Cina, anche se le limitazioni previste dovrebbero in qualche modo aiutare. In uno scenario poi ipotetico di introduzione di casi importati, i paesi con strutture sanitarie deboli avrebbero più difficoltà a controllare una eventuale diffusione. Non a caso, considerato il rischio globale, l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato lo stato di emergenza sanitaria a livello internazionale, in modo da coordinare gli interventi in tutto il mondo.

L'epidemia
Strutture separate

Non siamo e forse non arriveremo fino al punto in cui il nostro sistema sanitario si possa trovare in difficoltà. Certo è che di fronte a un’epidemia qualunque sistema sanitario viene messo a dura prova e molto dipende dai numeri. Per il momento il nostro paese è quello che probabilmente ha risposto prima e meglio di tutti gli altri a questa emergenza globale. I principali esperti italiani concordano che ad oggi tutto funziona come deve e l’Italia non è seconda a nessuno in Europa in quanto a capacità di gestire un’epidemia. Basta pensare che il nostro è stato il primo paese ad attivare prontamente i controlli sanitari in aeroporto. Ora la cosa importante è che le strutture siano preparate a organizzarsi al meglio in base a come evolverà la situazione.

La recidiva
Basso pericolo di ricadute

Di solito una volta che veniamo contagiati da un virus il nostro sistema immunitario ne conserva la «memoria» e in caso di un nuovo incontro con lo stesso virus sa come evitare il contagio e combatterlo. È la stessa logica dei vaccini. Tuttavia, ci può essere una certa variabilità individuale nella forza della risposta immunitaria che in alcuni potrebbe non essere completamente protettiva. Succede così che per le vaccinazioni: capita che nonostante il vaccino ci si ammali lo stesso. Tuttavia, sono casi molto poco comuni. Nella maggioranza delle volte se una persona guarisce da un virus per un certo periodo di tempo, anch'esso variabile, ne è immune. Quindi, in teoria chi è stato già contagiato dal nuovo coronavirus ed è guarito non dovrebbe avere ricadute. 






 

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