Pubblica amministrazione, sblocco del turn over degli statali: da venerdì via a 150 mila assunzioni

Pubblica amministrazione, sblocco del turn over degli statali: da venerdì via a 150 mila assunzioni
Pubblica amministrazione, sblocco del turn over degli statali: da venerdì via a 150 mila assunzioni
di Michele Di Branco
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Domenica 10 Novembre 2019, 00:45 - Ultimo aggiornamento: 19:21

Una infornata da 150 mila forze fresche all’anno, per un totale di 450 mila assunzioni entro la fine del 2022. La pubblica amministrazione si rifà il look togliendo il lucchetto al turn over che, per ragioni di contenimento della spesa pubblica, durava ormai da 8 anni. Da venerdì prossimo, infatti, il ricambio degli organici, all’interno delle strutture amministrative dello Stato, tornerà al 100% anche tra gli statali in senso stretto, vale a dire per i dipendenti dei ministeri, della presidenza del Consiglio, delle agenzie fiscali e degli enti pubblici non economici. Il processo sarà completo il primo dicembre, quando il vincolo, già cancellato presso gli enti locali, cadrà anche per l’Università.



Di fatto, come sancito circa un anno fa con il decreto Concretezza del governo Conte I, ogni dipendente pubblico che va in pensione potrà essere sostituito da un rinforzo pescato attraverso un concorso o attingendo alle liste degli idonei. Anzi, il ricambio potrà essere anche più spinto, considerato che Regioni e Comuni potranno programmare ingressi superiori ai pensionamenti. La maxi operazione si rende necessaria per rispondere all’uscita straordinaria di statali: dopo la stretta operata dal governo Monti nel 2011, stanno infatti raggiungendo i requisiti per andare a riposo tutti coloro che sono rimasti intrappolati al lavoro. E a questo si aggiunge l’effetto quota 100, che come più volte sottolineato dalla stessa titolare della Pa, Fabiana Dadone, sta accelerando la fuga. Si parla si circa 150 mila dipendenti già usciti, o pronti a farlo, con un minimo di 62 anni di età e 38 di contributi. Per accelerare il ricambio, tra l’altro, è stato deciso di prorogare le graduatorie dei concorsi pubblici in scadenza, in modo da poter attingere direttamente alle liste degli idonei, oltre 85 mila secondo i dati a disposizione. 

IL PROGRAMMA
Nel triennio, come detto, il totale delle assunzioni dovrebbe attestarsi intorno alle 450-500 mila unità. Al turnover ordinario vanno sommate le entrate extra, finanziate nelle precedenti manovre. Soprattutto, a livello locale cambierà il sistema di reclutamento, scollegandolo dalle fuoruscite e agganciandolo alla sostenibilità finanziaria. Così, chi potrà permetterselo, avrà mani libere sugli ingressi. Per le Regioni dal primo gennaio il nuovo schema sarà una realtà. Quindi, laddove ci sono risorse, si potranno programmare ingressi superiori ai pensionamenti. La facoltà è stata prevista nel decreto crescita e adesso c’è anche il primo provvedimento attuativo, pubblicato in Gazzetta Ufficiale questa settimana.

Ecco che dall’inizio del prossimo anno le Regioni saranno divise in cinque fasce, a cui corrisponderanno altrettanti valori soglia, ovvero tetti di spesa. I rapporti più generosi spettano alle realtà meno popolose. In fase di prima applicazione e fino al 31 dicembre 2024, le Regioni a statuto ordinario nel limite del valore soglia, si legge nel testo, «possono incrementare annualmente, per assunzioni di personale a tempo indeterminato, la spesa del personale registrata nel 2018, in misura non superiore al 10% nel 2020, al 15% nel 2021, al 18% nel 2022, al 20% nel 2023 e al 25% nel 2024, in coerenza con i piani triennali dei fabbisogni di personale e fermo restando il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione».

Nei giorni scorsi la ministra Dadone ha spiegato che delle assunzioni beneficeranno soprattutto i giovani. Una esigenza suggerita anche dalle statistiche, considerato che gli organici della Pa italiana sono tra i più anziane d’Europa. L’età media dei dipendenti statali oscilla intorno ai 50 anni e solo il 2,7% del personale ha oggi meno di 30 anni di età, contro il 27% medio di Francia e in Germania. Intanto diventano più chiari i connotati degli aumenti contrattuali: per tutti i 3,2 milioni di dipendenti dovrebbero scattare rialzi in busta paga di 96 euro. 
 

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