Ilva, Conte incontra i lavoratori: «No a un'altra Bagnoli».

Ilva, Conte vola a Taranto. Di Maio: costringere Mittal a restare. Jindal si sfila. Scioperi in corso
Ilva, Conte vola a Taranto. Di Maio: costringere Mittal a restare. Jindal si sfila. Scioperi in corso
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Venerdì 8 Novembre 2019, 10:38 - Ultimo aggiornamento: 9 Novembre, 13:06

Mentre per l'ex Ilva sfumano le già rare speranze di un interessamento del gruppo indiano Jindal, Giuseppe Conte vola a Taranto dai lavoratori: «Non ho la soluzione in tasca. Vedremo nei prossimi giorni», dice il premier nella ressa di operai e cittadini che è li ad aspettarlo fuori dai cancelli e che urla, all'unisono, «chiusura, chiusura». Gli operai chiedono un incontro diretto col premier e avvisano: «Taranto non farà la fine di Bagnoli».

L'uscita di scena di ArcelorMittal è ormai più che un timore. Per il ministro degli Esteri Luigi Di Maio «bisogna obbligare» la società indoeuropea «a restare a Taranto». All'orizzonte si fa spazio l'ipotesi nazionalizzazione, ma il ministro del Tesoro Gualtieri sottolinea che al momento «l'ipotesi sul tavolo è che Mittal adempia ai propri impegni, deve sviluppare investimenti, il piano ambientale, il piano industriale che si è impegnata a portare avanti, è questa la prospettiva del Governo».

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«Parlerò con tutti ma con calma», dice il presidente del Consiglio al suo arrivo davanti all'Ex Ilva, dove era atteso da molti cittadini ed operai. All'ingresso si è creata una certa ressa ed è nato un botta e risposta con alcuni cittadini che gli chiedevano di chiudere l'impianto. «Dovete conoscere la situazione», gli ha detto un cittadino. «Sono qui per questo», ha risposto il premier. Il premier si è intrattenuto a parlare con lavoratori, cittadini e rappresentanti di comitati e associazioni. Al presidente del Consiglio si è avvicinato un lavoratore licenziato da ArcelorMittal pochi giorni fa, Pasquale Maggi, dopo una serie di contestazioni disciplinari.

«Io - ha detto Maggi - sono stato licenziato ingiustamente, solo perché mi sono permesso di ricordare a Mittal e al medico di fabbrica cosa prevede la legge sulle attività in presenza di amianto nei reparti, dell'assenza di apparecchi salvavita e sulla sorveglianza sanitaria. Lunedì scorso sono venuto a lavorare e mi hanno ritirato il tesserino». Conte gli ha chiesto: «ma lei vuole rientrare in fabbrica?». Il lavoratore ha detto che secondo lui «andrebbe programmata la chiusura o salvata solo l'area a freddo. Se ci teniamo Mittal e gli lasciamo anche lo scudo penale tutte le lotte che ho fatto io verranno archiviate. Essere reintegrato? Mi è passata quasi la voglia di stare qua dentro. In questa fabbrica ci sono ancora 100mila tonnellate d'amianto».


La nuova giornata di passione sul futuro dell'acciaieria tarantina si è aperta con la doccia fredda di Jindal: «Smentiamo con forza», si legge in un tweet postato sul canale Twitter del gruppo, le indiscrezioni di stampa secondo cui «Jindal Steel & Power potrebbe rinnovare il suo interesse per l'acciaieria di Taranto». Jindal faceva parte della vecchia cordata con Cdp e Arvedi battuta da ArcelorMittal ai tempi di Gentiloni e oggi è proprietaria delle acciaierie di Piombino. 





Intanto i commissari dell'Ilva in amministrazione straordinaria presenteranno una istanza all'autorità giudiziaria pugliese per chiedere la proroga del termine del 13 dicembre fissato dal tribunale per la realizzazione degli adeguamenti di sicurezza dell'Altoforno 2 sottoposto a sequestro dopo l'incidente del giugno 2015 in cui è morto l'operaio Alessandro Morricella. Lo hanno detto gli stessi commissari, Francesco Ardito, Alessandro Danovi e Antonio Lupo, in un incontro avuto ieri in Procura con il procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo. 

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Luigi Di Maio
«La vecchia cordata non esiste più dobbiamo obbligare Arcelor Mittal a restare a Taranto», dice il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel corso del forum Ansa. E ancora: «Va bene il dialogo ma senza minacce: Arcelor Mittal sapeva che avrebbe trovato un governo che pretende siano rispettati i patti. Chiedere di andare via da Taranto è un'azione inaccettabile che non è presupposto per il dialogo. Mettere sulla strada 5.000 persone mi sembra assurdo».

Lo sciopero fallito
Fallisce lo sciopero indetto dai sindacati di categoria a Taranto negli impianti siderurgici dell'ex Ilva. Lo scrive ilsole24ore.com, raccontando che, percorrendo il perimetro esterno della fabbrica, il primo elemento che balza evidente è l'assenza di presidi sindacali. Nessun presidio e tanti dipendenti al lavoro. Fuori, a manifestare, non ci sono né delegati, né lavoratori. Nessun corteo in città. Deserte le portinerie della direzione, la A e la D. In compenso, però, in queste ultime due i piazzali dei parcheggi risultano discretamente affollati di auto e moto. Il segno esteriore che in tanti sono andati al lavoro. Ben altra aria, invece, alla portineria imprese.

Al mattino presto c'è qualche centinaio di persone, poi, pian piano, la folla si assottiglia. Ma comunque lavoratori e delegati ci sono. E con loro, le bandiere sindacali. Certo il venerdì è anche giorno di cassa integrazione (a Taranto coinvolge dal 30 settembre 1.276 addetti per 13 settimane) ma il fatto che davanti alle portinerie principali non vi sia uno straccio di mobilitazione non è irrilevante. Lo sciopero è stato indetto da Fim, Fiom e Uilm contro i 5mila esuberi dichiarati da ArcelorMittal e l'avvio del recesso dal contratto da parte della multinazionale che restituisce stabilimenti, impianti e personale all'amministrazione straordinaria di Ilva da cui li aveva presi un anno fa.

Moody's
Intanto Moody's conferma il rating 'Baa3' di ArcelorMittal ma cambia l'outlook da 'stabilè a 'negativo'. La revisione, si legge in una nota, «riflette il rapido declino degli utili quest'anno nel contesto di una domanda calante da parte del mercato finale e di un deterioramento degli spread sull'acciaio». «Ulteriori pressioni al ribasso» sul rating potrebbero arrivare «dall'incapacità di dare esecuzione senza attriti e in modo tempestivo alla proposta di risoluzione dell'acquisto dell'Ilva».

Maurizio Landini
«ArcelorMittal ha firmato un accordo che ha degli impegni molto precisi.

L'ha fatto col Governo, col sindacato. Il primo problema è far applicare quell'accordo. Altre discussioni adesso sviano il problema. Non può scaricare le sue responsabilità e il Governo deve fare la sua parte, togliendo qualsiasi alibi». Così, a margine della giornata dedicata al 'Contrasto alle mafiè, in corso oggi a Bologna, il segretario generale della Cgil Maurizio Landini, a proposito della situazione dell' Ilva di Taranto. «L'abbiamo detto ieri sera al tavolo di confronto - sottolinea -. Tutti insieme bisogna dire ad ArcelorMittal di applicare l'accordo che prevede investimenti, il rispetto dei livelli occupazionali e allo stesso tempo bisogna far sì che non ci siano problemi legali per nessuno rispetto agli investimenti che devono essere fatti. Queste due condizioni devono viaggiare assieme». Del resto, precisa Landini, «le iniziative di mobilitazione, di sciopero stanno avendo un successo enorme e che dimostrano la volontà delle persone di difendere gli accordi che sono stati ottenuti dopo anni complicati e difficili».

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