Ilva, Mattarella a Conte: soluzione subito. Il governo tratta sugli esuberi

Ilva, Mattarella a Conte: soluzione subito. Il governo tratta sugli esuberi
di Alberto Gentili
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Venerdì 8 Novembre 2019, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 12:12

Già da giorni Sergio Mattarella, con il solito garbo istituzionale e la consueta discrezione, aveva avviato il pressing sul governo. Ma ieri, dopo il flop dell’incontro con ArcelorMittal, è sceso apertamente in campo convocando Giuseppe Conte al Quirinale. Il capo dello Stato con il premier non ha fatto giri di parole: «Sono molto preoccupato per le sorti dell’ex Ilva.

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Non tocca a me dare indicazioni su come risolvere la questione, ma chiedo all’esecutivo di agire il più rapidamente possibile per trovare una soluzione veloce e positiva a questa crisi aziendale, come quelle di Alitalia e di Whirpool». Questo perché, per Mattarella, «il lavoro, l’occupazione, è la questione prioritaria e più importante per il Paese».

Con questo incontro Mattarella ha voluto lanciare il segnale, soprattutto ai 5Stelle, che non è il caso di scherzare con il fuoco. Tiene d’occhio il quadro generale, compresa la questione dei ribelli grillini in Senato. E non sarebbe disposto, in caso di crisi, a dare vita ad altri governi. «Se cade Conte, si va a votare», confermano fonti dem di governo.

Il premier, naturalmente, si è dichiarato «completamente d’accordo», ripetendo ciò che va dicendo da giorni il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri: «Gli stabilimenti ex Ilva sono un asse strategico nazionale e posso garantire che non chiuderanno, l’occupazione sarà tutelata». Del resto le acciaierie controllate dal colosso franco-indiano sono le più grandi d’Europa, valgono l’1,4% del Pil nazionale e occupano 20 mila persone, tra dipendenti e indotto.

Visto il monito del Quirinale e considerata l’importanza della partita il governo, impegnato a ritrovare unità nonostante lo scontro sullo scudo penale, ha «un solo imperativo»: «L’acciaieria con chiuderà. Se non si va avanti con ArcellorMittal, l’azienda tornerà ai commissari e si farà una nuova gara», garantisce un ministro che ha in mano il dossier. E non viene esclusa neppure la nazionalizzazione: «Siamo aperti a tutto», annuncia la ministra dem Paola De Micheli. E Conte conferma: «Stiamo valutando tutte le ipotesi, ma aspetto ancora una proposta dal signor Mittal».

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Il primo step, il «problema principale» per il governo in vista del nuovo incontro con i vertici della società franco-indiana, è però capire se ArcelorMittal «è disposta a trattare o se resterà su posizioni inaccettabili, continuando a chiedere 5 mila esuberi e una produzione di acciaio di appena 4 milioni di tonnellate all’anno, contro gli 8 milioni garantiti nel contratto con gli impianti a regime», spiegano al ministero dell’Economia. E aggiungono: «Quindi la vera domanda è una sola. Vogliono trattare o intendono semplicemente andarsene? Nel secondo caso sarebbe dimostrato che l’intento di ArcelorMittal era solo tattico». «Eliminare un concorrente temibile sul mercato dell’acciaio», per dirla con il leader 5Stelle, Luigi Di Maio.

In questo caso i franco-indiani «rischiano una condanna miliardaria», a giudizio dei tecnici dell’Economia. «Sarebbe la battaglia giudiziaria del secolo», azzarda il premier nei panni dell’avvocato: «Non si può consentire che si vada via senza rispettare gli obblighi contrattuali». Se invece ArcelorMittal tornerà al tavolo aprendo alla trattativa, Conte e Gualtieri sono disposti a concedere «qualcosa» sul fronte degli esuberi e «una parziale revisione del piano industriale». Molto più rigida, invece, la posizione dei 5Stelle, con Di Maio e il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli partiti alla guerra contro ArcelorMittal.
 



IL NODO PENALE
A innescare i toni barricaderi di Di Maio & C. è la questione dello scudo penale e di un provvedimento che rinvii di un anno (non i 16 mesi richiesti dall’azienda) la messa a norma dell’altoforno 2 di Taranto. Qui Gualtieri, Nicola Zingaretti e Matteo Renzi (per una volta d’accordo con gli ex compagni di partito) ritengono «legittima» la richiesta di ArcelorMittal. Tanto più che anche i commissari valutano «indispensabile» la tutela penale. Perciò Pd e Italia Viva non ammettono lo stop imposto mercoledì dai 5Stelle. «Di Maio ha detto che non controlla i gruppi parlamentari e che quindi lo scudo non si può fare? Siamo sicuri, dato che in questa partita anche il governo è a rischio, che Luigi saprà trovare una soluzione...», sibila un altro ministro dem.

Invece i 5Stelle però ancora resistono, schierando anche il Guardasigilli, Alfonso Bonafede. Ma senza più troppa convinzione: «Abbiamo dato la disponibilità, è stata l’azienda a dire che il tema non è lo scudo penale, ma l’impossibilità di realizzare il piano industriale». Più complessa la partita sul provvedimento rivolto a frenare l’autorità giudiziaria di Taranto che potrebbe imporre a dicembre lo spegnimento dell’altoforno 2. Su questo perfino Patuanelli, esattamente con Di Maio e Bonafede, non vuole sentire ragioni: «Non possiamo intervenire sui tribunali, va garantita la separazione dei poteri». «Se la trattativa dovesse ripartire davvero, pure questa grana verrà risolta», garantiscono a palazzo Chigi.

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