Diego Narciso racconta il fenomeno Sinner: «Il suo tennis ricorda Djokovic e Borg»

Diego Narciso racconta il fenomeno Sinner: «Il suo tennis ricorda Djokovic e Borg»
Diego Narciso racconta il fenomeno Sinner: «Il suo tennis ricorda Djokovic e Borg»
di Massimo Sarti
3 Minuti di Lettura
Venerdì 8 Novembre 2019, 08:10
Diego Nargiso, ex azzurro di Coppa Davis, specialista del doppio (ha giocato vinto anche con il prossimo presidente dell’ATP Andrea Gaudenzi), detiene un record nel tennis tricolore. È il più giovane di sempre ad aver disputato una partita in un torneo del Grande Slam, a 17 anni e 9 mesi, agli Australian Open del 1988. Sino allo scorso 28 ottobre ne deteneva anche un altro, altrettanto prestigioso, quello del più giovane italiano ad essere entrato tra i primi 100 al mondo; ma è stato recentemente superato da Jannik Sinner, che ha tagliato questo traguardo a 18 anni e 2 mesi (oggi è n° 95 Atp). Il 49enne napoletano, come commentatore televisivo di SuperTennis (attività cui affianca quella nella sua “Nargiso Tennis Academy” a Uboldo, in provincia di Varese), ha raccontato in questi giorni le gesta proprio del “predestinato” altoatesino alle Next Gen ATP Finals dell’Allianz Cloud di Milano, che vedrà Sinner disputare stasera la semifinale contro il serbo Miomir Kecmanovic.

Nargiso, si aspettava un Sinner tra i migliori giovani del circuito mondiale?
«Io sì. Ho detto sin dall’inizio che Jannik fosse un possibile vincitore delle Next Gen ATP Finals, insieme ad Alex De Minaur (australiano testa di serie n°1 del torneo, ndr)».

A quale “grande” può assomigliare?
«Secondo me i giocatori si assomigliano poco tra di loro. Comunque, se fossi in Sinner mi ispirerei a Novak Djokovic come tipo di gioco, atteggiamento, cattiveria agonistica. E anche come essere “cannibale” in campo, perché Jannik può farlo. Nel passato c’è poi il più inarrivabile, Bjorn Borg, con una propensione maggiore al gioco d’attacco».

Ha scelto nomi altisonanti.
«Sinner può diventare un giocatore al top e bisogna ispirarsi a giocatori al top. Il mare che deve attraversare è ancora ampio per trasformare l’ambizione in realtà, ma lui è un gran lavoratore».

Domenica inizieranno a Londra le ATP Finals, lo storico Masters, con Matteo Berrettini, sorteggiato in un girone di ferro con Thiem, Djokovic e Federer. Un sogno per lui e per il tennis italiano.
«Matteo ha disputato un 2019 fantastico e questo è il giusto e meritato epilogo. E se arrivi al Masters, è più bello giocarsela contro i big, i più forti, anche per raccontarlo ai nipotini. Matteo è ambizioso, anche se per esempio Djokovic è forse ancora non arrivabile per lui. Con Federer ci può essere la voglia di rivalsa dopo la sconfitta netta a Wimbledon. Meglio giocare contro i grandi, magari uscire, ma fare esperienza».

Come sta vivendo questo momento magico del tennis italiano?
«Sono tutti ragazzi che rappresentano splendidamente l’Italia sul piano anche umano, non solo tecnico. Io da piccolo tifavo Adriano Panatta e la Nazionale, poi sono stato azzurro e ho vissuto da protagonista quest’avventura. Provo ancora grande piacere e orgoglio a seguirli da addetto ai lavori». 
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