Milano, quarantenne muore dissanguata per un raschiamento: tre medici indagati

Milano, quarantenne muore dissanguata per un raschiamento: tre medici indagati
Milano, quarantenne muore dissanguata per un raschiamento: tre medici indagati
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Martedì 1 Ottobre 2019, 12:12 - Ultimo aggiornamento: 19:30

Prima il dispiacere per l'aborto spontaneo del bimbo che portava in grembo, poi la tragedia. Una donna di 40 anni è morta dissanguata poiché, per l'accusa, i medici non le hanno tempestivamente asportato l'utero che le avevano per errore perforato durante il raschiamento di routine. Le hanno fatto trasfusioni di sangue ma non, come previsto in tali casi, l'immediata isterectomia totale, intervento che le avrebbe di certo salvato la vita. 

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Per questo tre ginecologi dell'Humanitas di Rozzano sono finiti sotto inchiesta con l'accusa di omicidio colposo e ora rischiano il processo. A chiedere il rinvio a giudizio degli allora direttore, aiuto e assistente del Dipartimento di Ginecologia e Medicina della Riproduzione dell'ospedale alle porte di Milano - che in una nota «esprime il proprio forte e sincero rammarico per quanto accaduto, nonostante tutti gli sforzi profusi» - è stato il pm Mauro Clerici, titolare dell'indagine nata dalla denuncia del compagno della signora morta il 12 aprile dell'anno scorso.

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La quarantenne, con già una figlia di 4 anni, rimase incinta ancora. Fu una gravidanza difficile che si complicò fino a portare ad un aborto precoce e spontaneo, tra la settima e l'ottava settimana. Come è prassi quando si perde un bimbo in questo modo, dopo qualche giorno, su consiglio della sua ginecologa di fiducia, la donna si recò all'Humanitas per il raschiamento. Un intervento chirurgico in anestesia generale che in genere non desta preoccupazioni: si esegue in day hospital, dura una quindicina di minuti ma tra i rischi, che sono rari, c'è anche la perforazione dell'utero. E così purtroppo è stato.

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Secondo la ricostruzione, in sala operatoria, dove era stata portata attorno alle 13, la perforazione causò una importante emorragia che i tre medici non sarebbero stati in grado di gestire. Decisero di procedere somministrando farmaci e trasfusioni di una serie di sacche, sei di sangue e due di plasma, senza capire che per salvare la donna andava asportato l'utero nel giro di pochissimo tempo. Infatti quando, due ore dopo, intervenne l'equipe di chirurgia generale per l'isterectomia con la tecnica della laparotomia, era oramai troppo tardi.

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Come si legge nella consulenza tecnica disposta dalla Procura, si addebita ai tre ginecologi una «inadeguata gestione della problematica emorragica» dovuta alla perforazione della cavità uterina, in quanto «non realizzando la gravità della situazione clinica del caso (...) non eseguivano in tempo utile l'intervento chirurgico di isterectomia totale» il quale aveva «un ruolo salvavita». Ora il pm Clerici ha chiesto il rinvio a giudizio per i tre medici. L'udienza preliminare nella quale il compagno, la figlioletta e la sorella della signora, assistiti dagli avvocati Antonio Ferrari e Sergio Vitale, sono parti offese, prenderà il via il prossimo 10 dicembre davanti al gup Roberto Crepaldi.


 

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