Roma, ragazza impiccata ad un gioco per bimbi in un parco: ha lasciato lettere ai genitori

Roma, ragazza impiccata ad un gioco per bimbi in un parco: ha lasciato lettere ai genitori
Roma, ragazza impiccata ad un gioco per bimbi in un parco: ha lasciato lettere ai genitori
di Marco De Risi
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Giovedì 12 Settembre 2019, 10:04 - Ultimo aggiornamento: 13 Settembre, 08:27

Impiccata ad un gioco per bambini in un parco alla periferia di Roma con le mani legate. Così è stata trovata una ragazza di 18 anni stamani attorno alle 6.30 dopo che i genitori l'hanno cercata per tutta la notte temendo il peggio. Il corpo senza vita è stato trovato dal custode del Parco di via Galla Placidia a Casalbertone: la ragazza aveva le mani legate davanti con delle fascette di plastica. Ieri sera, intorno alle 21, i genitori avevano denuncia la scomparsa della ragazza al commissariato di Sant'Ippolito. 

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Quando hanno visto che la figlia non rincasava si sono precipitati dagli agenti col timore di un tragico epilogo e hanno infatti riferito di un precedente tentativo di suicidio lo scorso aprile e di una lunga depressione. In casa, nel corso di un sopralluogo hanno trovato delle lettere indirizzate ai genitori nelle quali si spiegava il gesto. Dunque tutti gli elementi fanno propendere per un suicidio e allo stato non ci sono elementi che farebbero sospettare altro. 
 


Anche il particolare delle mani legate con le fascette non inficerebbe la tesi del gesto estremo: molti aspiranti suicidi per impiccagione si assicurano le mani proprio per evitare che l'istinto di sopravvivenza prevalga magari per liberarsi dal cappio. In particolare gli investigatori ipotizzano che la 18enne si sia stretta le fascette con la bocca. In ogni caso l'autopsia ricostruirà le ultime ore di vita della giovane. La presidente della Commissione Bicamerale per l'Infanzia e l'adolescenza, LIcia Ronzulli, chiede, anche alla luce di questo tragico episodio, di «alzare il livello di guardia sulla solitudine dei giovani». 
 
 

«Apprendere dell'ennesimo suicidio di un'adolescente mi ferisce a morte, come se quella ragazza fosse anche figlia mia. A questa età - osserva Ronzulli - i ragazzi dovrebbero solo gioire. La ragazza suicida soffriva di crisi depressive da tempo e aveva già commesso tentativi di suicidio. Perché, dunque, non è stata assistita, aiutata, ascoltata da operatori competenti , o semplicemente, dalla sua famiglia? L'emergenza è reale, lacerante, drammatica, che dovrebbe scuotere le coscienze di tutti noi, dalle istituzioni alla scuola alle famiglie, perché è evidente che l'attenzione al problema è troppo bassa, ai limiti della inconsistenza. Alziamo il livello di guardia o - conclude - rischiamo di essere corresponsabili di queste tragedie annunciate». 
 

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