I comandamenti di Carola, l’ultima vestale neo global

I comandamenti di Carola, l’ultima vestale neo global
I comandamenti di Carola, l’ultima vestale neo global
di Mario Ajello
4 Minuti di Lettura
Domenica 7 Luglio 2019, 00:48 - Ultimo aggiornamento: 15:12

«I sovranisti sono tutti uguali: distorcono i fatti e li trasformano in opinioni. Le loro opinioni». Peccato che l’assunto di Carola valga, esattamente, anche per il carolismo. Che è un mix - si veda il suo manifesto su Der Spiegel in cui la ragazza è effigiata in copertina come Antigone con il titolo: Captain Europe - di progressismo euro-tedesco; di umanitarismo o di narcisismo umanitario o di ovvietà: «Le vite delle persone contano più dei giochi politici»; e allo stesso tempo di una cultura che, sia pure nelle sue velleità, parla davvero a un grande pezzo della gioventù europea (non maggioritaria ma consistente) che della politica classica, anche quella di sinistra, non ne vuole più sapere e che cerca una bussola, o un eroina, sia che si chiami Greta sia che faccia di cognome Rackete. E che sia l’opposto di Salvini o di Orban. 

Al carolismo che può avere una sua freschezza generazionale si stanno aggrappando i Saviano, i Lerner e il nuovo e vecchio lotta-continuismo: guarda caso l’avvocato difensore di Carola è Alessandro Gamberini, il legale di Adriano Sofri. E il fenomeno rappresenta la riproposizione, ecco la Carola dell’«Io rifarei tutto, perché sono nel giusto», del Bene contro il Male in una scorciatoia un po’ infantile della complessità. Del tipo: salvare il mondo con una nave. E addirittura con una barca a vela di 18 metri, come nel caso degli emuli di Carola arrivata ieri a Lampedusa con i migranti a bordo. 

Il problema è che in mezzo - tra un Salvini che non potrebbe esistere senza l’ideologia alla Carola e Carola che prospera sul muscolarismo spettacolare del suo nemico - c’è poco o niente. Ossia sembra mancare - e il manifesto di Carola ne è una riprova anche nei toni altisonanti dell’«ho abbattuto il muro dei sovranisti» e profetici: «Alla mia generazione dico, non state seduti» - un approccio politicamente maturo ai problemi delle migrazioni e alla necessità di governarli tramite un consapevole, né di destra né di sinistra, law and order praticato con dedizione assoluta e senza dannunzianismi posticci e pose piratesche. 

VAROUFAKIS
E così il manifesto di Carola sbandierato dai media mainstream - «Possiamo alzarci in piedi e non accettare tutto nel silenzio e nell’indifferenza», e la sua rivolta elettorale lei l’ha fatta così: «Alle ultime Europee ho votato per il movimento di Yanis Varoufakis», cioè quello che voleva distruggere da sinistra la povera Grecia - sembra un condensato di peace&love improbabile quasi quanto il muro anti-migranti che si vorrebbe costruire alla Trump lungo il confine del Friuli. 

Il carolismo, forte di un’identità sbandierata ma in fondo indefinita perché nel «globalismo» si può far rientrare di tutto, comincia ad avere una forza propagandistica. E da qui all’interrogatorio show in programma ad Agrigento, e poi nei giorni successivi, il grido «IoSonoCarola» è destinato a diffondersi a dispetto della dichiarazione «Non mi sento un’eroina» che Rackete-Antigone (ma che paragone bislacco!) va facendo. 
E allora le foto-santino ovunque in Europa, i graffiti Capitana mia Capitana, lo striscione a Notre Dame, il corteo di quasi diecimila persone ieri a Berlino al grido «Salvare vite umane è un dovere che vince su ogni legge» (che è il cuore del manifesto di Carola) e però dove Salvini batte Carola in questo assurdo derby che non andava allestito è proprio sull’ultimo punto. Ovvero il Capitano non ha ragione nell’eccesso ma nella banalità di chiedere il rispetto delle leggi italiane anche se Carola - e i carolisti o, espressione sproporzionatissima, i carolingi - non concepiscono frontiere e nazioni. Però sono una minoranza visto che - secondo i sondaggi di Pagnoncelli e di Swg - la gran parte degli italiani tra il manifesto di Carola e i porti chiusi preferiscono questi ultimi.

Al contrario del ministro tedesco dell’Interno, Seehofer, che dice al governo italiano «aprite i porti» ma è improbabile che aprirebbe quelli tedeschi se gli sbarchi dovessero riguardare il suo Paese. Al nostro, nel suo manifesto, ci pensa Carola in versione commentatrice di Palazzo: «Spero che il Parlamento italiano riesca a rigettare il decreto sicurezza bis». 

Altro passaggio: «I governi nazionali non devono ostacolare le attività delle Ong». E un altro ancora: «Non mi sento particolarmente tedesca». E in questo c’è la dichiarazione d’identità anti-identitaria: tratto saliente del carolismo. Come se l’internazionalismo fosse una cosa moderna, quando invece è stata - e i vecchi soloni che tifano Rackete potrebbero spiegarglielo - un ingrediente politico-ideologico, e non il migliore, del secolo scorso.

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