L'elemosiniere del Papa sotto inchiesta per il blitz nel palazzo occupato: «Un tecnico lo ha aiutato»

Cardinale sotto inchiesta per il blitz «Un tecnico lo ha aiutato»
​Cardinale sotto inchiesta per il blitz «Un tecnico lo ha aiutato»
di Valentina Errante e Fabio Rossi
4 Minuti di Lettura
Martedì 14 Maggio 2019, 07:36 - Ultimo aggiornamento: 18:02

L'affondo è di Matteo Salvini: «Se in Vaticano vogliono pagare le bollette a tutti gli italiani in difficoltà ci diano un conto corrente - attacca il ministro dell'Interno - Sostenere l'irregolarità non è mai un buon segnale: la proprietà privata è sacra». Pietra della discordia è l'elemosiniere del Papa che riporta l'elettricità nell'edificio occupato a due passi da Santa Croce in Gerusalemme, a Roma, infiammando lo scontro politico e legale. Gli occupanti lo difendono: sono pronti ad autodenunciarsi se «qualcuno dovesse prendersela col cardinale». E dalla parte del prelato si schiera anche la Comunità di Sant'Egidio: «Di solito chi attacca il Papa va a sbattere». Ma il leader leghista non arretra: «Ognuno fa quello che vuole, io da ministro dell'Interno garantisco le regole».

L'INCHIESTA
Sotto accusa c'è Konrad Krajewski: è stato lui. Almeno così dice. Si è assunto tutta a responsabilità, sostenendo di essere intervenuto «perché 400 persone, tra cui 98 bambini, da cinque giorni erano abbandonate a se stesse». Ma a nutrire dubbi, sul fatto che l'elemosiniere del Papa abbia materialmente rimosso i sigilli e riacceso la luce nel palazzo Spin Time Labs è la stessa Areti, la società di Acea che gestisce la rete di distribuzione dell'energia elettrica. Gli inquirenti stabiliranno come siano andati i fatti e, soprattutto, chi abbia potuto aiutare il porporato che, tra l'altro, potrebbe godere di un'immunità personale perché, pur avendo agito fuori dal territorio Vaticano, il suo gesto potrebbe essere il frutto di una scelta maturata dentro le mura Leonine, dal momento che è considerato, per statuto, la longa manus del pontefice.

Tutte circostanze che dovranno essere accertate, di certo i pm dovranno informare di ogni iniziativa la Segreteria di Stato Vaticana. L'esposto in procura, che, molto probabilmente, porterà all'apertura di un fascicolo per danneggiamento e furto di energia elettrica, però, non riguarda soltanto la violazione dei sigilli, quanto piuttosto il fatto che l'intervento nella cabina a media tensione non sia avvenuto seguendo le procedure di sicurezza e che, adesso, i 400 occupanti possano trovarsi in una situazione di pericolo rispetto alla quale, ovviamente, la società declina ogni responsabilità. È lo stesso esposto di Areti a chiarire che l'intervento di riattivazione della corrente nel palazzo prevede competenze molto specifiche e che non si tratta della semplice rimozione di sigilli.

Proprio per questo sembra difficile che il cardinale, che ha lasciato sul contatore il suo biglietto da visita, possa effettivamente essere sceso nella cabina a media tensione ed avere eseguito le manovre per far ripartire la fornitura di energia elettrica. Toccherà ai pm stabilire chi l'abbia aiutato, anche se non sarà facile sulla base delle testimonianze, dal momento che gli occupanti hanno già dichiarato che intendono autodenunciarsi in massa. L'alto prelato potrebbe comunque essere chiamato a risarcire il danno, o quantomeno a pagare la fornitura di energia, dal momento della riattivazione a quando l'erogazione sarà di nuovo interrotta, ma ha già dichiarato di essere pronto a farlo e a pagare di tasca propria.

IL PERICOLO
A preoccupare la società che ha presentato l'esposto contro ignoti è soprattutto il fatto che possa verificarsi un incidente nello stabile occupato. Nessuno sa quali procedure siano state eseguite nella cabina a media tensione ma, di certo, sostiene Areti non sono stati rispettati e controllati gli standard di sicurezza. Anche questo elemento è stato sottolineato nel documento destinato alla procura affinché la magistratura prenda atto di una situazione di pericolo rispetto alla quale la società prende le distanze.

© RIPRODUZIONE RISERVATA