Yara, Cassazione conferma ergastolo a Bossetti

Yara, Cassazione conferma ergastolo a Bossetti
Yara, Cassazione conferma ergastolo a Bossetti
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Venerdì 12 Ottobre 2018, 12:28 - Ultimo aggiornamento: 13 Ottobre, 09:48

Il verdetto è arrivato: la Cassazione ha confermato l'ergastolo per Massimo Giuseppe Bossetti, condannato per l'omicidio della 13enne Yara Gambirasio, il cui corpo venne trovato il 26 febbraio 2011 in un campo a Chignolo d'Isola, nel Bergamasco, a pochi chilometri da Brembate di Sopra, dove la ragazza viveva e da dove era scomparsa tre mesi prima. 

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La prima sezione penale della Cassazione, presieduta da Adriano Iasillo, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla difesa di Bossetti, condannando l'imputato al pagamento delle spese legali. La Corte ha anche dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla procura generale di Brescia contro l'assoluzione dal reato di calunnia per Bossetti.

Il carpentiere di Mapello era stato condannato all'ergastolo in primo grado e in appello per l'omicidio di Yara Gambirasio, la giovane ginnasta di 13 anni, scomparsa il 26 novembre 2010. Presenti in aula per il verdetto della Cassazione numerose persone, tra cui anche alcuni sostenitori di Bossetti, che hanno esposto in piazza Cavour uno striscione con su scritto "Vogliamo la verità. Bossetti innocente". Non c'erano i familiari dell'imputato né quelli di Yara.

Il collegio della Cassazione era presieduto dal giudice Adriano Iasillo, la requisitoria è stata tenuta dalla sostituto pg Mariella de Masellis la quale ha sottolineato come non esista un «ragionevole dubbio» che possa essere innocente Bossetti, il quale «non ha avuto un moto di pietà e ha lasciato morire Yara da sola in quel campo».
 


Davanti alla prima sezione penale, la procura generale aveva chiesto la conferma dell'ergastolo, ritenendo le indagini, durate quattro anni, «perfette», gli accertamenti compiuti dal Ris dei Carabinieri, a partire dalle tracce biologiche rinvenute sugli indumenti intimi della ragazzina, «capillari» e «assolutamente dirimenti». Contro la sentenza pronunciata dalla Corte d'assise d'appello di Brescia il 17 luglio 2017 - quella che si definisce una «doppia conforme» rispetto all'uguale pronuncia del tribunale di Bergamo - i 23 motivi di ricorso, in 600 pagine, presentati dalla difesa, molti dei quali riguardano la formazione della prova principale, il dna.

La decisione della Cassazione potrebbe finalmente costituire l'ultimo atto di un caso giudiziario che ha turbato l'opinione pubblica per la brutalità dell'aggressione alla ragazzina, colpita e lasciata agonizzante, morta di freddo in un campo. E che ha tenuto col fiato sospeso per le complicati indagini, compiute a partire dal dna rintracciato, e identificato come quelli del cosiddetto Ignoto 1, e gli incroci con i migliaia di campioni prelevati a tappeto, che hanno permesso di risalire a quello che secondo gli inquirenti è il ramo della famiglia naturale di Bossetti, fino al padre naturale, Giuseppe Guerinoni e all'ipotesi di un figlio illegittimo. Un percorso senza errori, secondo de Masellis, che ha voluto sottolineare come il caso non abbia a che fare con quello per l'omicidio di Meredith Kercher, ribaltato a sorpresa dalla Cassazione: «Non è conferente il caso Knox, vicenda ben diversa», ha precisato.


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​«Non ci sono altri aspetti che possono essere esplorati. In questo processo non c'è stata alcuna violazione del contraddittorio, garantito nei due gradi di giudizio, in 50 udienze», ha detto la pg: è stata «assolutamente corretta» l'attività di estrazione e repertazione, «atti irripetibili e non differibili» compiuti quando il fascicolo risultava ancora a carico di ignoti e il nome di Bossetti non era nemmeno ipotizzabile. Il dna, prelevato con un alcol test, «è un prelievo non coattivo» a cui Bossetti «ha dato il consenso». «Il metodo del Dna nucleare - ha aggiunto, rispondendo a quella che è una delle contestazioni della difesa - è consolidato e utilizzato fin dal 1985. Possiamo parlare di un'impronta genetica, un'evoluzione dell'impronta digitale, maggiormente identificativa della persona». 

In conclusione, de Masellis ha spiegato che «per dire che Bossetti è innocente dobbiamo dire che il dna di Ignoto 1 non è il suo, che Bossetti non è figlio di Guerinoni, che i Ris hanno modificato l'immodificabile, che è stata perseguita la necessità di trovare in Bossetti, una persona che nessuno conosceva, un capro espiatorio. Se tutto questo non lo possiamo dire non c'è ragionevole dubbio». Bossetti ha atteso il suo destino in carcere a Bergamo.

«Leggeremo le motivazioni. Le decisioni si rispettano e si impugnano nelle sedi opportune. In questo momento dobbiamo solo piegarci a questa sentenza, ma continuiamo a credere che Massimo sia innocente», ha detto Claudio Salvagni, l'avvocato difensore del muratore, dopo la sentenza. «Il processo mediatico nuoce: ci voleva molto coraggio a prendere una decisione contro la sentenza d'appello», ha aggiunto.

Non è d'accordo l'avvocato Andrea Pezzotta, legale dei familiari di Yara Gambirasio: «È andato tutto come secondo me doveva andare.
Con oggi sono 39 i magistrati che hanno esaminato, in varie fasi, il fatto e tutti hanno concluso per la colpevolezza di Bossetti. Se c'è stato un processo mediatico - ha aggiunto - non è per colpa nostra. Noi non siamo mai andati in televisione». 

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