Gb, rivelate le registrazioni in cui Lady D parla del suo matrimonio: «Lo sentii giurare amore eterno a Camilla»

Gb, rivelate le registrazioni in cui Lady D parla del suo matrimonio: «Lo sentii giurare amore eterno a Camilla»
di Federica Macagnone
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Sabato 10 Giugno 2017, 15:31 - Ultimo aggiornamento: 12 Giugno, 11:13
Per vent'anni quelle registrazioni sono rimaste segrete. Solo adesso le cassette con la verità di Lady D sul suo matrimonio con il principe Charles fanno capolino ed esplodono come una bomba su Buckingham Palace.
Era il 1991 quando Diana, devastata dalla frustrazione, iniziò a registrare alcune cassette in cui raccontava il suo punto di vista sulla crisi matrimoniale con il marito e della relazione con Camilla Parker Bowles. Allora in pochi sapevano, ma lei iniziò quel racconto decidendo di consegnarlo nella mani di Andrew Morton, autore del libro "Diana: la sua vera storia". A un'unica condizione: che la sua collaborazione non venisse rivelata. Adesso, a vent'anni dalla sua morte, il libro sta per essere ripubblicato con le trascrizioni in cui, come sottolinea il Daily Mail, la principessa del Galles racconta la sua battaglia con la bulimia, il primo incontro con Charles, i tentativi di suicidio, lo sgomento nello scoprire che in quel matrimonio non erano in due, ma in tre. «Sentii che diceva a Camilla: “Ti amerò per sempre, qualunque cosa accada».
 
 


L'incontro con Carlo. Il racconto ha inizio dal giorno in cui conobbe il 29enne Charles nella sua casa di Althorp a Northamptonshire, nel novembre 1977, quando aveva appena 16 anni. In quel momento il principe frequentava sua sorella Sarah, 22. «Il primo impatto è stato: "Dio, che uomo triste." Era venuto con il suo labrador». Poi il racconto si snoda passando per il trentesimo compleanno a Buckingham Palace del principe «Fino a quel momento lo avevo visto per circa due anni insieme a Sarah. Quando ha compiuto 30 anni mi è stato chiesto di andare. “Perché Diana deve venire?” chiese mia sorella. Io risposi che non lo sapevo, ma mi sarebbe piaciuto». Poi l'incontro a casa di amici di famiglia del principe Filippo, le prime chiacchierate, i suoi giorni a Balmoral (dove in quel periodo soggiornava anche Charles) e il ricordo: «Mr e Mrs Parker Bowles erano presenti a ogni mia visita».

La casa a Londra. Quando Diana compì 18 anni, i genitori le acquistarono un appartamento di tre camere da letto nel sud di Kensington che condivideva con tre ragazze, Virginia Pitman, Carolyn Bartholomew e Ann Bolton. Sulla porta della sua camera da letto erano scritte le parole “Chief Chick” (capo pollastrella). «Era bello vivere in un appartamento con le ragazze. Mi è piaciuto molto, era fantastico. Ho riso tanto». Poi il suo ricordo del lavoro come maestra in una scuola materna e come tata. «I miei datori di lavoro erano spesso severi».

La casa fuori città. «Charles mi ha detto che voleva una casa in Cornovaglia, ma è solo a 11 miglia da quella di Camilla. Ha scelto la casa e io sono andata solo dopo che l'aveva acquistata. Aveva dipinto tutte le pareti bianche. Voleva che andassi, anche se non eravamo fidanzati. Io pensavo che fosse sconveniente».

La proposta di matrimonio. Il 3 febbraio 1981 il principe Carlo, allora 32enne, si propose a Diana, all'epoca 19enne, nel Castello di Windsor. Il loro fidanzamento fu annunciato tre settimane più tardi, il 24 febbraio. Lo stesso giorno, in un'intervista alla BBC, Charles, quando gli venne chiesto se fossero innamorati, rispose: «Qualsiasi cosa significhi amore». Diana ricorda: «Mi disse: “Mi sposerai?”. Ho riso e ricordo di aver pensato che era uno scherzo. Poi dissi: “Sì, va bene”. Poco dopo con aria seria e grave mi disse: "Ti rendi conto che un giorno sarai la regina?". Una voce dentro di me mi disse: "Non sarai regina, ma avrai un ruolo duro". Risposi: “Io ti amo, ti amo tanto”. E lui disse: “Qualsiasi cosa significhi amore”. Pensavo che mi amasse, che lo avesse detto. Era grandioso. Poi corse da sua madre e la chiamò al telefono per dirglielo. Nella mia immaturità, che era enorme, pensavo che lui fosse molto innamorato di me.

L'annuncio alla famiglia e il rapporto con la stampa. Tornata a casa dalle sue coinquiline Diana raccontò della proposta di matrimonio. «Solo da quel momento mi fu concesso di chiamarlo Charles. Fino al fidanzamento dovevo chiamarlo Sir. Tornai a casa e raccontai tutto alle ragazze. Abbiamo gridato di felicità e siamo uscite tenedoci strette il nostro segreto. L'indomani chiamai la mia famiglia: papà e mamma erano entusiasti. Dopo sono partita per l'Australia per tre settimane con mia madre. È stato un disastro: lui non mi ha mai chiamata e ogni volta che provavo a contattarlo io, era sempre fuori. Mi dicevo: “È molto occupato”. Tornata dall'Australia bussano alla porta e mi viene consegnato un mazzo di fiori. Sapevo che non venivano da Charles, non c'era un bigliettino. Era qualcuno molto diligente dal suo ufficio». Da lì a poco cominciò il suo rapporto tormentato con la stampa: «Seguivano ogni mia mossa, era insopportabile. Capivo che era il loro lavoro, ma vivevo con gli obiettivi addosso tutto il tempo. Affittarono pure un appartamento di fronte al mio, davanti alla mia camera da letto. Non era giusto per le ragazze. Una volta mi sono dovuta calare con un lenzuolo dalla finestra della cucina per uscire con Charles. Tuttavia sono stata sempre educata, costantemente civile. Non ero mai scortese. Non ho mai gridato. Ma dentro le quattro mura piangevo perché non ho mai avuto il supporto da parte di Charles e dall'ufficio stampa del Palazzo. Charles ogni volta che mi chiamava diceva: “Povera Camilla Parker Bowles. L'ho chiamata al telefono stanotte e dice che c'è molta stampa a Bolehyde”. Gli chiesi quanti fossero e mi rispose almeno quattro. Mio Dio, lì fuori ce n'erano 34! Ma non gli dissi nulla. Non mi sono mai lamentata perché credevo che non fossi nella posizione di farlo. Grazie a Dio il fidanzamento fu ufficializzato e io andai a Clarence House. Nessuno mi accolse. Era come stare in un hotel. Ricordo che venivo svegliata di mattina da una signora anziana molto dolce. Ricordo l'ultima volta che lasciai il mio appartamento. Un poliziotto mi disse: «Voglio solo che tu sappia che questa è la tua ultima notte di libertà nel resto della tua vita, perciò usala al massimo. Era come se una spada mi si fosse conficcata nel cuore».

Il pranzo con Camilla. «L'ho conosciuta molto presto. Ero una ragazza molto giovane, ma ero una minaccia. Quando sono arrivata a Clarence House, c'era una lettera sul mio letto da parte di Camilla, datata due giorni prima, in cui scriveva: «Ho letto le eccitanti notizie sul fidanzamento. Facciamo un pranzo quando il principe del Galles va in Australia e in Nuova Zelanda. Sta fuori tre settimane. Mi piacerebbe vedere l'anello. Tanto amore, Camilla». Ho pensato “Wow!” e ho organizzato il pranzo durante il quale mi chiese se andavo a caccia a cavallo. “Tu non andrai a caccia quando andrai a vivere a Highgrove, vero?”. Dissi: “No”. Rispose: "Volevo solo sapere". Pensavo solo fosse interessata. Ero ancora troppo immatura per capire tutti i messaggi che arrivavano».

La relazione con Camilla e l'isolamento a Buckingham Palace. Dopo pochi giorni, Diana si trasferì da Clarence House a Buckingham Palace. «Non c'era energia e mi sentivo sola. Non riuscivo a credere quanto tutto fosse freddo». Da lì a poco la scoperta della relazione di Charles con Camilla.
«Le bugie e l'inganno! La prima cosa che mi ha colpito è che il mio futuro marito mandava fiori a Camilla Parker Bowles quando stava male: "A Gladys da Fred" si leggeva sul bigliettino. Non affrontai il problema, gli chiesi solo di essere onesto con me. Ero l'unica a progettare il matrimonio, perché lui era in tour in Australia e in Nuova Zelanda. Un giorno ero nel suo studio a parlare con lui, quando il telefono squillò. Era Camilla. Sono uscita dalla stanza e li ho lasciati a parlare.
Una volta lo sentii parlare al telefono nel suo bagno. Diceva: "Qualunque cosa succeda, ti amerò sempre". Gli ho detto dopo che avevo ascoltato e abbiamo litigato. Qualcuno dal suo ufficio mi disse che aveva fatto un braccialetto per lei: una catena d'oro con un disco smaltato in blu con le iniziali “G e F” intrecciate. Entrai un giorno nell'ufficio e chiesi al personale cosa fosse quel pacco. Mi fu sconsigliato di aprirlo, ma io lo feci lo stesso. Mi dissero che lo avrebbe dato a lei quella stessa notte. Rabbia, rabbia, rabbia! Perché non può essere onesto con me? Aveva trovato la vergine, l'agnello sacrificale, e in qualche modo era ossessionato da me. Il suo umore era altalenante. Era lunedì, il mercoledì ci saremmo sposati. Lui era andato da lei. Pranzai con le mie sorelle che erano lì e dissi loro che non potevo sposarlo, che non potevo farlo. Loro mi risposero: “Duch (il suo soprannome d'infanzia), il tuo viso è stampato sulle tovagliette da tè, è troppo tardi per tirarti fuori”».

La bulimia. «La bulimia è iniziata la settimana dopo che ci siamo fidanzati. Una volta mio marito mise la mano sul mio girovita e mi disse: Oh, un po' di ciccia qui, no?". E questo mi ha scatenato qualcosa dentro. In più c'era la cosa di Camilla. Ero disperata. La prima volta che mi è stata misurata per il mio abito da sposa, la vita misurava 74 centimetri. Il giorno in cui mi sono sposata era 58. Mi sono ridotta a niente da febbraio a luglio».

Il primo evento pubblico e i commenti di Charles. Nel marzo del 1981 Diana ha accompagnato il Principe Carlo per il loro primo impegno pubblico insieme alla Goldsmith's Hall. Quella sera indossava un abito da sera in taffetà nero senza spalline disegnato da Elizabeth e David Emanuel, che poi avrebbero confezionato il suo abito da sposa. «Ricordo bene il mio primo impegno. Ero così eccitata. Avevo il mio abito di Emanuel e pensavo fosse perfetto per la mia età. Ricordo di essere entrata nello studio di marito che, appena mi vide, disse: "Non verrai con quel vestito, vero?". Io risposi di sì. E lui continuò: “È nero! Solo le persone in lutto indossano il nero!». E io dissi: «Sì, ma non sono ancora parte della tua famiglia”. Il nero, a 19 anni, per me, era il colore più cool che ci fosse. Avevo un vero abito per adulti. Quella notte ho imparato una lezione. Ricordo di aver incontrato la principessa Grace, era meravigliosa, ma aveva l'aria travagliata. Quella sera notò com'ero spaventata e mi portò via dalle altre signore per parlare un po' con me. Le raccontai del mio isolamento, delle paure per il futuro. Lei rispose scherzando: “Non preoccuparti, potrà solo peggiorare”. Fu una serata orrenda. Non sapevo in quale mano tenere la borsa, se dovevo uscire prima io dalla porta. Ero terrorizzata. Mi mancavano le mie ragazze, volevo tornare lì, sedermi e ridere, scambiarci i vestiti e parlare di cose stupide. Volevo semplicemente tornare nel porto sicuro».
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