di Mario Ajello
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Giovedì 6 Dicembre 2018, 00:08
C’è un gioco delle piazze, ed è molto serio. Perché interroga il governo sulla sua identità e sul suo futuro. Palazzo Chigi quale piazza sceglie? Quella Sì Tav, che ieri ha bussato alla porta del premier ed è stata ascoltata dopo aver riempito per due volte Torino e si replicherà il 13 dicembre a Milano? O quella No Tav di dopodomani, in cui M5S un po’ ci sarà fisicamente, molto ci sarà con il cuore e tantissimo cerca e cercherà di sfruttarla? 

Piazza contro piazza, in una singolar tenzone che spiazza chi deve decidere sulle grandi opere ma si trova calato in una situazione surreale nella quale né la Lega ha il coraggio di virare sul No Tav, che gli eviterebbe problemi con il partner, né i Cinque stelle hanno il coraggio di virare sul Sì, che gli creerebbe notevoli problemi identitari ed elettorali. Ma districarsi tra le piazze e scegliere finalmente quella giusta - che non può che essere quella in favore della crescita e dello sviluppo e non della decrescita infelice e dell’auto-isolamento ideologico - si sta rivelando un compito arduo a causa dei continui depistamenti.

Come quello del ministro Toninelli che ha congelato gli appalti per la Tav, dicendo di fatto di No ma senza compromettere la possibilità che quel diniego poi diventi un Sì. Un ponzio-pilatismo che pure Di Maio coltiva. E per questo la piazza (o il partito) del Pil ieri è andato a Palazzo Chigi e ha chiesto semplicemente: «Insomma avete firmato per il Sì o per il No?». La risposta è stata evasiva e deludente. 

Dunque non sa quale piazza scegliere il governo, anche se normalità vorrebbe che un governo nessuna piazza segua o rincorra, visto che la società politica ha il compito di ascoltare la cosiddetta società civile ma non di accodarcisi o di farsi condizionare. E tuttavia, stavolta decidere qual è la piazza utile al Paese e quale no sarebbe il modo lineare e responsabile di comportarsi. Un esecutivo non può allo stesso tempo essere di governo da una parte, quella per la crescita, e di lotta dall’altra, quella della paralisi. 
Ma al rompicapo su queste piazze di aggiunge un altro elemento, cioè un’altra piazza. Quella della Lega sabato a Roma, che per quanto riguarda le grandi opere (tema volutamente sottaciuto) sarà piena di Sì alle grandi opere ma, come vuole Salvini in un’ambiguità speculare a quella di Toninelli, non bisognerà farlo troppo vedere. E così, è tutto un gioco di dissimulazioni che impedisce al governo di fare una scelta netta. 

Che i due partiti della maggioranza allestiscano (a Roma) o contemporaneamente partecipino (a Torino) a una manifestazione, e le due manifestazioni sono opposte in tutto anche se la Lega e M5S sono alleati, segna un’anomalia. Derivante da un’esigenza comune ai giallo-verdi. Nel momento in cui si adattano a un profilo non più combat sulla manovra economica, e scendono a patti con l’Ue ma la faccia morbida ce la mette Conte, hanno bisogno di recuperare propagandisticamente il versante di lotta. Per tenere caldi e ben rassicurati i rispettivi popoli, prima di andare a pagare a Bruxelles il conto che dicevano di non voler pagare. 

Queste due piazze neppure la coperta, sempre più corta, del Contratto di governo potrebbe far risultare simili. Nel sabato romano, Salvini celebrerà infatti soprattutto il Decreto sicurezza, che a M5S non piace. Nel sabato torinese, i Cinque stelle - o chi di loro ci sarà o comunque il popolo che finora nel movimento si è riconosciuto - griderà il suo No Tav che non è certo la linea di Salvini. A Piazza del Popolo il bersaglio sarà anche Spataro e i magistrati anti-salvinisti come lui, a Piazza Castello quegli stessi giudici sono considerati eroi popolari e le procure hanno sempre ragione. E ancora: gli avversari dell’adunata leghista - Io non ci sarò è il gioco inventato dal Carroccio per indicare i personaggi pubblici a loro sgraditi - sono i beniamini, vedi Saviano, dell’altra piazza. Che è tutta di lotta ma targata in buona parte governo, a riprova che questo ossimoro inservibile e dannoso per il Paese è purtroppo vivo e vegeto. Come ha anche dimostrato l’indimenticabile episodio del ministro Giulia Grillo, la quale l’altra volta mentre la piazza dei medici gli manifestava contro diceva «io sono dalla vostra parte». 
La sequela dei paradossi e degli spiazzamenti sembra infinita in questa vicenda. Che non farebbe girare la testa soltanto a Cartesio, ma anche a tutti i cittadini normali e meritevoli di maggiore rispetto e chiarezza.
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