Reddito di cittadinanza in panne: 900 mila famiglie hanno snobbato il sussidio di Stato

Reddito in panne, 900 mila famiglie hanno snobbato il sussidio di Stato
Reddito in panne, 900 mila famiglie hanno snobbato il sussidio di Stato
di Francesco Bisozzi
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Sabato 20 Luglio 2019, 00:12 - Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 00:12

Per alimentare le card del reddito di cittadinanza lo Stato ha già speso un miliardo di euro, ma i beneficiari ritenuti occupabili non sigleranno i patti per il lavoro prima di settembre. La fase due del reddito di cittadinanza ha preso ufficialmente il via, dopo che mercoledì sedici Regioni hanno sottoscritto le convenzioni con Anpal Servizi per inquadrare le azioni di assistenza tecnica fornite dai navigator.

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I coach verranno messi sotto contratto in questi giorni, ma non saranno operativi primi di Ferragosto. Nel frattempo i bassi importi erogati sulle card, uniti agli obblighi lavorativi previsti dalla legge per i sussidiati attivabili, hanno frenato la corsa al bonus pentastellato.

Dai numeri snocciolati questa settimana dal presidente dell’Inps nel corso di un’audizione al Senato, è emerso che la misura anti-esclusione non raggiungerà l’obbiettivo minimo fissato dai vertici del M5S, che quest’anno puntavano a imbarcare almeno un milione di famiglie. Stando a quanto dichiarato da Pasquale Tridico, nel 2019 accederanno al beneficio circa 940 mila nuclei, dunque molti di meno rispetto a quelli previsti in partenza sia dall’Istat (che aveva stimato una platea di beneficiari di 1,3 milioni di famiglie) che dalla stessa Inps (secondo cui la misura anti-esclusione avrebbe dovuto coinvolgere 1,2 milioni di nuclei). A febbraio il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio si era spinto oltre, affermando che i beneficiari del reddito di cittadinanza sarebbero stati 5 milioni, per un totale di 1,7 milioni di famiglie. Mancano dunque all’appello circa 900 mila famiglie, a seconda della previsione che si sceglie di usare come punto di riferimento. 

Le domande per avere accesso al sussidio ricevute finora dall’Inps ammontano a 1,3 milioni. Oltre 730 mila hanno ottenuto semaforo verde. A queste si aggiungono altre 100 mila istanze per la pensione di cittadinanza già approvate. Ma l’importo medio versato sulle card rilasciate agli aventi diritto, già ampiamente al di sotto delle aspettative, strada facendo si è ridotto ulteriormente: oggi risulta pari a 489 euro, mentre durante i primi due mesi di erogazione del bonus si era attestato attorno ai 540 euro come certificato dall’Inps lo scorso 6 giugno. Cifre molto distanti dai 780 euro promessi dai Cinquestelle in campagna elettorale e sempre più vicine a quelle erogate nel 2018 ai beneficiari del reddito di inclusione. Al momento i nuclei da avviare verso percorsi lavorativi sono circa 200 mila, molti dei quali percepiscono però la versione light del reddito di cittadinanza: a conti fatti, circa 50 mila famiglie occupabili intascano meno di trecento euro al mese. Non sono escluse perciò defezioni. L’Inps ha da poco rilasciato il modulo per rinunciare al sussidio, ammettendo che nelle proprie strutture territoriali è già presente uno stock di richieste di disdetta. Per tentare di salvare il salvabile, Pasquale Tridico ha sottolineato che il reddito di cittadinanza si sta comunque dimostrando più efficace del Rei. Il 31 gennaio l’Inps ha pubblicato i dati sull’erogazione del reddito di inclusione relativi al 2018, stando ai quali lo scorso anno la misura di sostegno ha raggiunto nel complesso 1 milione 330 mila individui. Oggi invece fruiscono del bonus pentastellato quasi 2 milioni di persone (1.939.687 per l’esattezza). Quanto alle somme versate, l’importo medio mensile del Rei erogato nel 2018 è stato di poco inferiore ai 300 euro, mentre quello del reddito di cittadinanza è pari attualmente a 490 euro. Le due misure, tuttavia, sono molto diverse tra loro. A differenza del Rei, concepito come una misura di contrasto alla povertà, il reddito di cittadinanza è più simile a un’indennità di disoccupazione dal momento che è stato pensato per aiutare i cittadini inattivi a inserirsi nel mondo del lavoro. Ma a distanza di tre mesi dai primi versamenti, da questo punto di vista è ancora tutto fermo. 
 

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