La crisi non frena l’export dei gioielli
italiani, ma i dazi doganali penalizzano
l’industria

La crisi non frena l’export dei gioielli italiani, ma i dazi doganali penalizzano l’industria
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Venerdì 21 Settembre 2012, 15:20 - Ultimo aggiornamento: 18:51
AREZZO - La filiera dell’oreficeria italiana resiste faticosamente alla crisi ma, pur continuando a mantenere posizioni di vertice nell’ambito delle esportazioni, perde il primato del quale godeva appena dieci anni fa. I dati
resi noti da Prometeia nel corso del convegno «L’oro è moda», promosso da Confindustria Arezzo e Confindustria Federorafi, fotografano un quadro contraddittorio, dal quale emerge che il giro d’affari, dal 2000 ad oggi, si è ridotto di circa due terzi. Al di là dei mali endemici tipici della realtà produttiva di casa nostra, a finire sotto accusa sono le politiche protezionistiche di alcuni Paesi che, nel corso degli anni hanno inasprito i dazi, causando al settore una perdita pari ad un miliardo di euro nel solo 2011.



Se le difficoltà sono sotto gli occhi di tutti, l’oro made in Italy continua ad essere al primo posto in 14 Paesi, alcuni dei quali vivono una fase economica di forte espansione come Brasile e Turchia, coglie il secondo gradino del podio in 11, Svizzera inclusa, e sono in terza posizione in 8, tra i quali Russia, Arabia Saudita, Messico e Francia. Niente a che vedere con i dati del 2000, quando l’export italiano conquistava i primi tre posti in almeno 42 Paesi, ma resta il fatto che il valore internazionale del gioiello italiano non ha subito l’arretramento drammatico che molti si aspettavano. I numeri di Prometeia hanno messo in luce che nel 2011 il giro d’affari è aumentato del 12 per cento rispetto al 2010, anche a causa del boom del prezzo dell’oro, e che le esportazioni sono cresciute del 18 per cento a 4,7 miliardi. Tuttavia il quadro relativo al 2012 prevede che il valore della produzione si ridurrà del 2,3 per cento.


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