Urla, ceffoni e insulti: violenza sul Taranto/Il commento/Le reazioni

Urla, ceffoni e insulti: violenza sul Taranto/Il commento/Le reazioni
di Giovanni Camarda
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Martedì 27 Ottobre 2015, 11:47 - Ultimo aggiornamento: 11:51

Il problema non è quello di etichettarli. Che li si chiami teppisti, ultrà, delinquenti, in fondo cambia poco, si tratta di un mero dettaglio semantico. E fanno amaramente sorridere quelli che, prima ancora di condannare l’accaduto, si affrettano a precisare che quei balordi non bisogna definirli tifosi, come se si trattasse di licantropi capitati per caso l’altra sera allo Iacovone proprio mentre la squadra tornava da Torre del Greco. Di conseguenza, nulla che ci tocchi: ci si può voltare dall’altra parte e aspettare che si taccia il frastuono. Almeno fino al prossimo episodio.

In realtà, più dei distinguo sul significato delle parole, conta ciò che l’aggressione ai giocatori rappresenta ed esprime. Non tifo, non passione, non attaccamento alla maglia e nemmeno sacrificio per quei colori, visto che la trasferta era stata disertata per “scelta politica”. No, soltanto idiozia, ignoranza, inciviltà. Quelli che hanno menato i giocatori avevano visto la partita alla tv, comodamente in pantofole, sul divano di casa. Avevano visto e soprattutto sentito: hanno perso, non si sono impegnati, non hanno lottato. Gli analfabeti dicono: “non hanno sudato la maglia”. Uno scandalo, un’onta insopportabile per quel gruppo di letterati che ha deciso di passare alle vie di fatto appena chiuso il collegamento con Torre del Greco, usando l’unico linguaggio con il quale si esprimono: quello della violenza.

Non è il caso di addentrarsi in analisi sociologiche, sarebbe troppo lungo spiegare perché sono e si comportano così, la società, la famiglia, il degrado, la maleducazione. Anche perché non c’è una risposta che valga per tutti e non tutti, nelle stesse condizioni, si comportano allo stesso modo. Però è importante sapere che certa gente c’è, esiste, vede, ascolta. E, soprattutto, interpreta, con gli strumenti di analisi e di valutazione di cui dispone, invero assai limitati.

Se non fosse così, si sarebbero accorti - tanto per cominciare - che il Taranto non è affatto una grande squadra, a dispetto di quel primo posto temporaneamente occupato solo grazie al giudice sportivo. E se perde a Torre del Greco, giocando male, è per una serie di fattori che poco hanno a che fare con la mancanza d’impegno, di carattere, di determinazione e molto invece con i limiti tecnici di un gruppo tutto sommato calcisticamente modesto. Spiegarle chiaramente, queste cose, potrebbe aiutare a far crescere anche chi, nella tifoseria, di suo non ha i mezzi per riuscire a capire e ponderare.

Blandire le frange estreme del tifo è invece operazione estremanente rischiosa, come hanno potuto constatare sulla propria pelle Pambianchi, Esposito e Voltasio l’altra sera. E se non si ha il tempo, la voglia, la capacità di educare, bisognerebbe almeno avere il senso di responsabilità indispensabile per prevenire certe manifestazioni animalesche. Altrimenti, ogni sconfitta rischia di diventare la miccia per un’esplosione sempre più devastante.

Fondazione Taras: «Questa deriva non ci appartiene» (di Carlo Greco) - Immediatamente si è stretto un cerchio di solidarietà intorno i giocatori ed i tecnici: il gesto, non unico nella storia del Taranto che già ha visto numerosi episodi analoghi, ha destato stupore e rabbia, perché non c’è giustificazione che tenga. Attendere il Taranto dopo una gara non proprio cristallina, mettersi in agguato, non ha alcuna scusante. Sono atti di teppismo e di violenza gratuita, che provocano delle ferite difficilmente rimarginabili e quindi è scattata subito la condanna univoca.

«La Fondazione Taras 706 a. C. esprime la più ferma condanna nei confronti degli episodi di violenza compiuti ieri sera ai danni dei tecnici e dei calciatori del Taranto FC 1927 al ritorno dalla trasferta di Torre del Greco».

«Tali episodi costituiscono un serio ostacolo alla crescita sportiva dell’intero ambiente perché instaurano un clima di tensione e pessimismo del tutto controproducente per gli obiettivi stagionali fissati dal club rossoblù e desiderati da tutti i suoi tifosi. Riaffermando l’esigenza di un calcio integralmente sano, in tutte le sue componenti, la Fondazione Taras si stringe intorno alla società, ai tecnici e alla squadra del Taranto FC 1927 e invita tutti i tifosi a sostenere con lealtà e vera passione il progetto sportivo rossoblù, le cui ambizioni non risultano scalfite dopo la sconfitta in campionato».

Questo il messaggio del supporter’s trust rossoblù, ma sul sito di Tifo è Amicizia la musica cambia. Trieste Rossoblù afferma: «Questa squadra non è più forte di quella dell'anno scorso, ma ricordo che fino alla sconfitta di Cava quasi tutti concordavamo sul fatto che l'obiettivo massimo la scorsa stagione sarebbe stato un piazzamento play off marginale.

Secondo me i giudizi di adesso sono dopati dal malcontento che coviamo da anni e da un'amara statistica: ogni 2 tiri nello specchio prendiamo almeno un gol mentre Mirarco li salvava. Da evidenziare come in tante partite non ci sia stata neanche una parata dei nostri baby portieri che ad ogni modo sono inadeguati per questo campionato». “Scirocco” sullo stesso sito lascia il suo commento. «La colpa è solamente di chi ha costruito la squadra. Bisogna vedere anche il budget a disposizione. I giocatori sono questi e credo che di più non possano offrire, ci sono limiti tecnici evidentissimi e se a questi si aggiunge anche la mancanza di quei tre o quattro elementi che possano fare la differenza in un torneo di così basso livello di più non possiamo sperare.

Siamo nettamente inferiori a Nardò, Virtus Francavilla, Francavilla in Sinni, Fondi e Bisceglie. Se non si corre ai ripari il massimo che si potrà raggiungere sarà un quarto o quinto posto e francamente sarebbe la fine del calcio a Taranto».

L’analisi di Peppe 2008 su internet è abbastanza logica: se le cose non vanno bene, i dirigenti del Taranto dovrebbero cambiar registro ed ammettere di aver sbagliato alcune valutazioni e nelle premesse quando ha composto la formazione. «Credo che innanzitutto dobbiamo finirla tutti col dire che il livello del campionato è scarso, proprio per questo anche inconsciamente si pretende dalla squadra di stravincere il campionato e questa non è sicuramente una squadra che lo possa fare».

«I campionati sono tutti difficili perché se nel campo non corri e non ti dai da fare, perdi pure contro una squadra di serie inferiore. Sono evidenti dei limiti tecnici e se la società non interviene ci deve una volta per tutte spiegare perché non lo fa, perché crede fermamente che con questa squadra possa vincere il campionato. C’è qualcuno che sta rendendo meno e quindi il club deve intervenire in tal senso».

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