Giustizia, Alfano e Orlando rispondono all'Anm dopo gli attacchi al governo

Giustizia, Alfano e Orlando rispondono all'Anm dopo gli attacchi al governo
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Sabato 24 Ottobre 2015, 13:31 - Ultimo aggiornamento: 13:32

Le toghe non arretrano dopo l'attacco di ieri al governo.

«Non vogliamo lo scontro e non facciamo paragoni con il passato. Chiediamo riforme concrete e risposte forti e questo non sempre è accaduto sulla corruzione». Lo dice il segretario dell'Associazione nazionale magistrati (Anm), Maurizio Carbone. «La stessa politica sta facendo autocritica: se in meno di 2 anni si sta modificando la legge Severino vuol dire che avevamo ragione».

«Noi non facciamo paragoni tra governi anche perché siamo stati accusati più volte, anche in maniera offensiva, e perché il magistrato deve essere evidentemente autonomo e imparziale e non abbraccia una o un'altra ideologia politica né questo o quell'altro governo. Noi chiediamo da sempre delle

riforme concrete», ha aggiunto Carbone, parlando con i giornalisti a margine del 32esimo congresso di Bari, e replicando a chi ha paragonato l'atteggiamento dei magistrati verso il governo Renzi a quello tenuto nei confronti del governo Berlusconi.

«Penso che quei toni e qualche accento acuto siano un tentativo di tenere insieme la Magistratura in un momento in cui ci sono scontri significativi al suo interno», ha commentato il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, riferendosi alle polemiche emerse al congresso Anm in corso a Bari. «L'Anm - ha aggiunto il ministro Orlando - non faccia gli stessi errori che in passato ha fatto la politica, cioè pensare che chiunque critica e chiunque chieda un cambiamento debba essere visto come un nemico».

«Credo che ci voglia coraggio e una certa faccia per attaccare questo governo. Invece dell'autocritica, per quanto successo a Palermo, arrivano gli attacchi. È un modo ottimo per sviare l'attenzione ma nessuno si illuda che non ce ne siamo accorti». Così il ministro degli Interni,Angelino Alfano.

Ci vuole coraggio a rivolgere critiche al Governo «nel momento in cui questo Governo ha fatto leggi importati, in cui il contrasto a Cosa Nostra va bene e nel momento in cui - ha detto ancora Alfano - credo che tutta l'opinione pubblica nazionale si aspetti una profonda autocritica e parole molto forti per spiegare da parte della magistratura quello che è successo a Palermo». A Palermo, ha detto Alfano a margine di una convention di Ncd a Limatola (Benevento), «è successo un qualcosa che manda un messaggio devastante all'opinione pubblica che pensa che se così vengono gestiti i beni confiscati da coloro i quali devono contrastare la criminalità organizzata c'è qualcosa di molto grave che non quadra».

«Io sono per la costruzione di ponti: meglio la costruzione che la loro rottura». Giovanni Legnini, vicepresidente del Csm, ha risposto così alle domande dei cronisti che gli chiedevano se si senta a proprio agio nel ruolo di «ponte» fra governo e magistratura attribuitogli da qualcuno. Legnini partecipa oggi alla seconda giornata dei lavori del congresso dell'Anm a Bari.

A rimproverare la politica per la «troppa enfasi» con cui si è concentrata sul nodo delle intercettazioni era stato ieri il presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli, che aveva fatto notare come tutto questo avvenga nonostante una criminalità organizzata «diffusa ormai in ogni ambito e le forme di pesante devianza infiltrate nel settore pubblico e dell'economia».

Il tema delle intercettazioni «ha finito con l'assumere una centralità che risulta persino maggiore dell'attenzione dedicata ai problemi strutturali del processo e a fenomeni criminali endemici», ha sottolineato Sabelli, lamentando anche la disorganicità degli interventi nella materia penale e chiesto misure per l'efficienza.

Secondo il leader dell'Anm non solo sono «indifferibili» le riforme dirette a restituire alla giustizia la sua efficacia, ma serve «una pluralità di interventi coerenti e coraggiosi». Invece proprio nella materia penale si sta procedendo con progetti che «appaiono disorganici e troppo timidi».

In particolare la riforma del processo penale apporta solo alcune «migliorie» non la «soluzione sistematica dei mali» che affliggono i giudizi; e alcune sue innovazioni, a cominciare dall'imposizione di nuovi termini per l'esercizio dell'azione penale, possono persino «creare disfunzioni ulteriori».