L'omaggio di Sanremo per ricordare il poeta De Andrè a 15 anni dalla sua morte

L'omaggio di Sanremo per ricordare il poeta De Andrè a 15 anni dalla sua morte
di Simona Orlando
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Sabato 11 Gennaio 2014, 09:31 - Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio, 23:49
L’11 gennaio di quindici anni fa se ne andava Fabrizio De Andr, a scantonare per carruggi sconosciuti. Era più che un cantautore, eccellente voce narrante, musicista, ricercatore di suoni, strumenti e storie, traduttore (Dylan, Cohen, Brassens), «il più grande poeta che abbiamo avuto» secondo Fernanda Pivano. Personalità complessa, strattonata da demoni e illuminata di verità, parole poche e pesate, nato fra i vincenti e cresciuto fra i vinti, colto ma ispirato dal popolo, allo stesso tempo artista di tutti e per pochi. Amico fragile che tutti citano, ma molti non capiscono. Altrimenti, questo, sarebbe un mondo diverso.



I suoi versi resistono ai colpi del tempo, attuali, ancora più presenti se nessuno riesce ad eguagliarli. Si può approfittare dell’occasione per ripassare la sua opera e tornare a credere che la musica non sia inganno ma arte. L’opera omnia, dal Volume I del ’67, passando per La Buona Novella del ‘70, dove riscattava gli uomini davanti a Dio, Non al denaro non all'amore né al cielo, ispirato all’Antologia di Spoon River, dalla sua lettura del Sessantotto in Storia di un impiegato all’antologia degli sconfitti di Anime Salve. O ascoltare il cofanetto I Concerti, con il primo live alla Bussola di Viareggio nel ‘75. Tanto ci mise ad apparire.



L’OMAGGIO DEL FESTIVAL

Le iniziative per lui si tengono in tutta Italia, ma raccolte, non eclatanti. Ci penserà poi il Festival di Sanremo (18 - 22 febbraio) a puntare i fari su Faber nella serata del venerdì. Lo aveva detto, Fazio, che intendeva abbattere il muro tra il Festival delle canzonette popolari e il Club Tenco, tempio della canzone d’autore. Sarà quindi una fusione Sanremo Club, in parte dedicata a lui, in parte ad altri grandi cantautori (probabili Guccini e De Gregori), rivisitati dai cantanti in gara. Una serata peraltro in famiglia, visto che in corsa c’è suo figlio Cristiano e alla guida musicale del Festival c’è il suo storico collaboratore Mauro Pagani. Già nel 2009 Fazio aveva fatto il tributo su Rai 3, incassando record di ascolti, e d’altronde Cristiano riesce come nessuno a cantare il padre. E’ proprio genetica.



MUSCOLI E SENTIMENTI

Così Faber toccherà l’Ariston, tre giorni dopo quello che sarebbe stato il suo 74simo compleanno. Nell’85, intervistato a Linea diretta da Enzo Biagi sull’utilità del Festival rispose: «Se si trattasse ancora di una gara di ugole e io pensassi di essere attrezzato a fronteggiare ugole sicuramente migliori della mia, se si trattasse di un fatto di corde vocali, la si potrebbe ancora considerare una competizione quasi sportiva, perché le corde vocali sono pur sempre dei muscoli. Nel caso mio, dovrei andare ad esprimere i miei sentimenti, e credo che questo non possa essere argomento di competizione».

Dare se stessi in pasto al voto può essere pericoloso. Ne sa qualcosa Tenco, amico a cui dedicò la dolente Preghiera in gennaio. E’ un anno di ricorrenze. A marzo si festeggiano anche i 30 anni di Crêuza de mä, disco in genovese che narra storie di marinai, prostitute, di fronte al mare «dove ogni onda è un’altra».



LINGUA E MUSICA

Fu un miracolo di incontro fra lingua e musica e oggi quelle parole diventano un menu (su richiesta) presso la trattoria La Lanterna, gestita dalla Comunità di Don Gallo. Il Don nelle omelie citava spesso il Vangelo Secondo De André e diceva: «La sua spiritualità non è monopolio delle religioni. La sua voce è la possibilità irripetibile, per la canzone, di diventare il più alto e penetrante strumento artistico della cultura popolare. Le sue canzoni sono la scelta mai sbagliata di occuparsi dei poveracci e dei senza voce: vite perdute, ma anime salve».

Le anime salve, rese libere dalla diversità, c’erano tutte a salutarlo quel 13 gennaio a Genova, «un funerale da invidiare» disse il compagno di sempre Paolo Villaggio.

La sua poetica smascherava le ipocrisie, indagava l’amore, in fiore o appassito, era un laudate hominem che restituiva dignità a emarginati, princese, senzadio, derelitti, mercenari. L’umanità rintanata nei bassifondi ispirava De André che, come nessun altro, dai pantani della cronaca nera sapeva sollevare fiabe.

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