Ecclestone: «Putin? Per lui morirei». E la Formula 1 scarica il vecchio patron

foto

Bernie Ecclestone non tradisce l'amicizia con Vladimir Putin a costo di scioccare il Regno Unito e di farsi scaricare dal circus della Formula 1, la gallina dalla uova d'oro da lui stesso creata e che lo ha reso ricco come un creso. In un'intervista concessa a Good Morning Britain, popolarissimo talk show mattutino di Itv, il piccolo ex Napoleone dell'automobilismo britannico e mondiale non solo ha difeso il presidente russo a spada tratta dalle accuse sulla guerra in Ucraina - definendolo «una persona di prima classe», con dichiarazioni del tutto fuori sincrono rispetto al contesto mediatico del suo Paese -, ma si è spinto fino alla guasconata di dirsi pronto a fargli scudo con il petto, a «prendere un proiettile» per lui. Ancora attivo malgrado i 91 anni suonati, e più politicamente scorretto che mai, l'ex pilota ed ex manager che per decenni ha dettato legge con i sui occhiali inconfondibili e la sua spregiudicatezza fra i circuiti più prestigiosi del pianeta, non si è tirato indietro. Ha ammesso - bontà sua - che anche Putin, «come noi uomini d'affari», possa aver «commesso errori». Ma si è detto sicuro che la guerra sia stata una scelta «non intenzionale». E comunque persuaso che l'ordine d'attacco all'Ucraina sia stato dato dallo zar del Cremlino nella convinzione intima di fare «la cosa giusta per la Russia», di dover proteggere il proprio popolo. Nel contempo Bernie non si è risparmiato un tocco di velenosa ironia sul presidente ucraino Zelensky, riferendosi a lui come a «quell'ex comico» e imputandogli non aver cercato per tempo un accordo che avrebbe potuto a suo dire evitare il peggio. Mentre ha fustigato come indebite interferenze della politica nello sport sia la cancellazione dal calendario della F1 del gran premio di Russia, decisa dopo l'invasione, sia il boicottaggio di piloti o atleti russi vari. Parole che fanno scalpore fino a un certo punto, vista l'evidente sintonia fra Ecclestone e Putin, forse cementata dall'attitudine di entrambi alle pose da uomo solo al comando, creatasi dall'epoca dei negoziati per l'organizzazione del primo Gp di Russia, svoltosi poi nel 2014 a Sochi quando Bernie era ancora il boss. Una sintonia cresciuta sino a indurre nel 2017 il magnate britannico a incoronare urbi et orbi Vladimir Vladimirovich come il leader che - fosse stato per lui - avrebbe dovuto «guidare i destini dell'Europa». Ma parole che non sono piaciute affatto ai vertici di Liberty Media, la holding americana a cui nel medesimo 2017 Ecclestone ha infine venduto il circo a peso d'oro. «Le affermazioni di Ecclestone - hanno tagliato corto questi ultimi in una nota gelida, dopo le critiche indirizzate all'ex patron anche per aver minimizzato le polemiche su un epiteto giudicato razzista rivolto dall'ex campione del mondo brasiliano Nelson Piquet al suo successore Lewis Hamilton - sono in netto contrasto con i valori moderni riflessi oggi dal nostro sport».