Le Gole del Nera dal color del cobalto. Una particolarità unica in Italia

foto

L’acqua arriva ad avere un colore blu cobalto, bello, bellissimo. Insolito. E nello specchio d’acqua non nuota nemmeno un pesce, nemmeno per sbaglio: è il Nera lungo le “sue” Gole, che, oltre ad essere di gran moda, nasconde segreti importanti. Ed anche potenzialità economico – industriali manco trascurabili.  A far diventare l’acqua in quel modo è la grande quantità di sali di potassio e magnesio e cloruro di sodio che arrivano al fiume da un affluente sotterraneo che scende dall’alto della catena di colline e montagne che fanno da corolla a Narni. Lo spiega, con qualche incertezza dovuta dalla complessità della rete idrografica sotterranea, Roberto Nini, che è sì lo scopritore di Narni Sotterranea ma anche uno studioso del sistema idrico: “I geologi pensano si tratti del bacino di assorbimento dei monti Martani e amerini. Una cosa è certa, la portata è costante di circa tredici metri cubi al secondo. Tra i sali che rendono l'acqua azzurra ci sono anche i solfati, come a Cotilia, ma in percentuale molto inferiore rispetto a quella”. I tredici metri cubi sono tantissimi, un fiume, che era stato adoperato agli inizi del Novecento per la centralina di Stifone, quella che illuminava, seconda in Italia, Narni. Poi però l’Enel, diventata la proprietaria dell’asta del fiume, fece altre scelte e decise di mandare le acque nell’alveo senza alcuna utilizzazione. Eppure…
Seguita Roberto Nini: “Anni fa, quando mi occupavo di acquedotto, feci fare delle analisi per poter usare le acque di Stifone ma erano troppo mineralizzate. Sarebbe stato necessario un sistema detto ad “osmosi inversa”, per renderle potabili, oggi economicamente non vantaggioso ma con i cambiamenti climatici in corso lo sarà in futuro. Stifone è come il pozzo di petrolio per i narnesi, una rendita sicura quando l'acqua diventerà il bene più prezioso di qualsiasi altro. Ma forse noi non ci saremo”.
Rimane la bellezza di oggi: la Erg, che dopo vicende societarie era diventata la proprietaria degli impianti, ha costruito un bellissimo ponte in acciaio inossidabile a sfioro sul fiume e che rende indimenticabile il suo attraversamento e da dove si nota l’assoluta mancanza di pesci. Al di là un edificio diruto che testimonia la vecchia centrale, costruita dall’ingegner Aldo Netti: lì si può “assaggiare” sia la mineralizzazione delle acque, che non hanno batteri, che la sua particolare temperatura, fredda come poche per la grande quantità ed anche per il percorso attraverso le montagne circostanti. Gli abitanti di Stifone, sono rimasti solo in sette, lo sapevano da sempre che dentro quel fiume sotterraneo c’erano tanti minerali: “Che peccato: manca solo l’oro”.