Il professor Fedele: «L'infarto
al portiere Casillas un monito
per moltiplicare la prevenzione»

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La prevenzione cardiovascolare resta uno degli obiettivi primari della Sanità Pubblica. Da qui l'iniziativa che coinvolge numerose scuole della ciociaria.
L'iniziativa è curata dal professor Francesco Fedele, frusinate,  Direttore della Prima Cattedra, presso l'Università La Sapienza di Roma.
Spiega il prof. Fedele:
«Come avete visto dai media, recentemente il portiere del Porto Casillas di 38 anni, durante un allenamento, è stato colpito da infarto miocardico acuto, trattato successivamente con angioplastica e attualmente in via di guarigione.
Certamente colpisce il fatto che un atleta top-level come Casillas, che dovrebbe essere super controllato da un punto di vista medico in generale e cardiologico in particolare, possa aver presentato un evento del genere. La prima riflessione da fare è che, a differenza dell’Italia, in Spagna per l’idoneità agonistica non sono previsti protocolli specifici di valutazione. La legislazione, che risale al 1990, prevede una polizza assicurativa per chi svolge attività agonistica e, soltanto per gli atleti top level come nel caso di Casillas, anche una valutazione medica completa che dovrebbe comprendere un elettrocardiogramma a riposo e da sforzo. Tuttavia, sempre a differenza della legislazione italiana, in Spagna non viene fatto alcun riferimento sui tempi di validità dei certificati di idoneità che in Italia hanno scadenza annuale. In base a queste considerazioni è possibile ipotizzare che, forse, il trentottenne Casillas non abbia ricevuto recentemente una valutazione completa delle sue condizioni di salute. Questo è il primo punto di riflessione che sottolinea come in questo settore, medicina e cardiologia sportiva per gli atleti agonisti, l’Italia sia all’avanguardia nella prevenzione di eventi acuti. Tuttavia, vorrei richiamare l’attenzione anche su un altro problema che potrebbe riguardare anche i nostri atleti agonisti “super controllati”. Ritengo, infatti, che per aumentare le capacità di prevenzione cardiovascolare negli atleti sia necessario non soltanto applicare i nostri protocolli valutativi nei tempi dovuti, ma anche, cosa che è relativamente sottovalutata, sensibilizzare gli atleti stessi su quei sintomi a carico dell’apparato cardiovascolare che potrebbero essere espressione di una patologia non identificata dai controlli, seppur accurati, oppure insorta dopo i controlli stessi.  Dico questo perché mentre l’atleta è portato naturalmente a riferire sintomi legati all’apparato osteo-articolare e muscolare perché palesemente essi sono penalizzanti per la sua attività fisica, meno lo sono per sintomi quali epigastralgie, palpitazioni, tuffi al cuore, lievi capogiri che, proprio anche in virtù dei controlli effettuati, sono sottovalutati nella convinzione, errata, che  siano espressione di niente di preoccupante. Sono convinto che questo concetto di estendere la prevenzione cardiovascolare anche alla sensibilizzazione degli atleti possa ulteriormente restringere i filtri che intercettano condizioni cardiovascolari gravi e potenzialmente letali».