Elezioni Francia, i candidati alle presidenziali che sfidano Macron

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Marine Le Pen

Figlia del fondatore del Front National, da lei rifondato in Rassemblement National, la 53enne leader dell'estrema destra francese è alla sua terza candidatura presidenziale: nella prima, nel 2012, arrivò terza con il 17,9% - quindi non andò al ballottaggio che fu tra Francois Hollande e Nicolas Sarkozy con il socialista vincitore - nel 2017 ebbe il 21,3% al primo turno ed il 34% al secondo, quando fu battuta con ampio margine da Macron. Tutti i sondaggi la danno al ballottaggio anche quest'anno, ed indicano uno scarto molto più ridotto di cinque anni fa tra i due candidati, di appena 3% secondo alcuni rilevamenti. La sua campagna è stata dai toni molto più misurati di quella degli anni scorsi, soprattutto sulla retorica anti immigrati, concentrata soprattutto sugli interventi a sostegno dei redditi familiari ed il potere di acquisto. La sua storica vicinanza e simpatia per la Russia di Vladimir Putin - subito dopo l'invasione dell'Ucraina il 24 febbraio scorso, la candidata si affrettata a mandare al macero centinaia di migliaia volantini elettorali con una sua foto insieme al presidente russo - non sembra che l'abbia danneggiata nei sondaggi.

Jean-Luc Melenchon

L'ex trotskista che guida la formazione della sinistra radicale La France Insoumise (La Francia indomita) è in terza posizione nei sondaggi, attorno al 16%, promettendo una settimana lavorativa di 32 ore e il ritorno all'età pensionabile a 60 anni. L'ex senatore e ministro, uscito nel 2008 dal Partito socialista, inoltre vuole una legge di emergenza sociale per aumentare a 1400 euro al mese il salario minimo, e mettere un tetto alle disparità salariali tra dipendenti e Ceo. E portare la tassazione sui capital gain allo stesso livello di quella sui redditi. Soprannominato la «tortue sagace», la tartaruga sagace, il 70enne veterano della politica è un grande oratore, con ottime performance nei dibattiti che gli hanno permesso di una risalita nei sondaggi nella parte finale dalla campagna, tanto che ora la possibilità di un suo exploit oggi, con la conseguente conquista del ballottaggio, non viene esclusa. All'inizio della campagna elettorale vi sono stati tentativi di riunire tutta la sinistra intorno ad un unico candidato, ma Melenchon ha rifiutato queste proposte, ed ora - fanno osservare i sondaggisti francesi - starebbe raccogliendo i frutti, con il terzo posto nell'affollato agone, della sua scelta.

Eric Zemmour

Entrato con grande clamore di stampa nella campagna elettorale lo scorso settembre, fondando il partito Reconquete, il giornalista polemista 63enne, figlio di ebrei algerini, noto per le sue violente posizioni anti-immigrati ed anti Islam - per le quali è stato condannato tre volte per incitamento all'odio - sembrava dover costituire una minaccia per Le Pen, e per la destra tradizionale dei Republicains. Ma, dopo essere arrivato nei primi mesi a superare la leader di Rassemblement National, è scivolato indietro ad un quarto posto, anche a causa del suo stile eccessivamente aggressivo. Ed una serie di passi falsi, come la proposta di creare classi differenziate a scuola per i bambini con handicap. Secondo gli analisti francesi «gli elettori si sono annoiati delle sue dichiarazioni razziste ed estremiste, specialmente quelle contrarie all'accoglienza dei profughi ucraini».

Valerie Pecresse

Diventata con la vittoria delle primarie del partito che è stato di Sarkozy e Jacques Chirac, la prima candidata donna dei Les Republicains, la 54enne ex ministro del Bilancio non è riuscita ad avere una campagna elettorale all'altezza delle aspettative. Ha puntato soprattutto sulle critiche alle spese eccessive della presidenza Macron e le politiche troppo concilianti sulla criminalità. Promettendo maggiore controllo dei confini nazionali e soprattutto nelle banlieue delle città francesi - riesumando anche il kärcher, l'aspirapolvere con cui Sarkozy voleva ripulirle - la candidata però non è riuscita a superare il 9% dei sondaggi, rimanendo ferma al quinto posto. L'errore, sottolineano alcuni sondaggisti, è di aver «fatto campagna su argomenti da estrema destra», che ha spinto alcuni dei suoi potenziali sostenitori a rivolgersi a Macron, altri all'originale di estrema destra, Le Pen.

Anne Hidalgo

Socialista, 62 anni, la sindaca rieletta dai parigini al suo primo tentativo su scala nazionale ha clamorosamente fallito malgrado una campagna capillare sul terreno: i sondaggi la danno attorno al 2%. Nel suo programma, aumento del salario minimo, rivalutazione degli stipendi, rinnovamento energetico degli edifici, referendum di iniziativa cittadina.

Nicolas Dupont-Aignan

61 anni, terze presidenziali per il sovranista di estrema destra che nel 2017 aveva ottenuto il 4,7% sostenendo poi Marine Le Pen al secondo turno. Nel programma, soppressione dello ius soli, comunità di nazioni al posto dell'Unione europea, tetto all'immigrazione, bagno penale alle isole Kerguelen per i jihadisti.

Fabien Roussel

52 anni, ex giornalista, prima volta alle presidenziali per il segretario nazionale del PCF, il Partito comunista francese che, a differenza delle ultime due elezioni, ha scelto di non sostenere Mélenchon. Nel programma: salario minimo a 1.900 euro, patrimoniale triplicata, nazionalizzazione dell'energia elettrica. I sondaggi lo danno al 3%.

Jean Lassalle

66 anni, è il candidato del partito 'Resistons!'. 1,21% nel 2017, sondaggi fra il 2 e il 3%. È il paladino delle campagne, degli agricoltori e degli allevatori. Predica la redistribuzione della PAC in favore dei contadini che rispettano le campagne e gli animali.

Philippe Poutou 

 55 anni, ex operaio e sindacalista, terza volta alle presidenziali per il Nuovo partito anticapitalista, viene da un 1,15% nel 2012 e un 1,09% nel 2017. Predica l'abbandono del capitalismo, l'esproprio dell'industria farmaceutica, polizia disarmata e fine del nucleare.

Nathalie Arthaud

 52 anni, insegnante, succede ad Arlette Laguiller alla guida di Force Ouvrière, il partito che si definisce come «comunista rivoluzionario» e fondato sulla «lotta dei lavoratori». Lutte Ouvrière dal 2012 ha realizzato score alle presidenziali fra lo 0,56% e lo 0,64%. Nel programma: nessuno stipendio, sussidio o pensione deve essere inferiore a 2.000 euro mensili.