Quarta mafia e zone grigie, il Foggiano è terra franca: «Ora risposta militare»

Quarta mafia e zone grigie, il Foggiano è terra franca: «Ora risposta militare»
Quarta mafia e zone grigie, il Foggiano è terra franca: «Ora risposta militare»
di Alessio PIGNATELLI
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Sabato 11 Dicembre 2021, 09:47 - Ultimo aggiornamento: 11:31

«La prima missione con la Commissione antimafia l'ho fatta tre anni fa. A Foggia, nel centro storico, entrammo in un bar per un caffè. Uscirono tutti immediatamente, il locale si svuotò. È un esempio lampante per dire come anche la società civile è spaventata, reticente e, nel tempo, ha ritenuto accettabile dialogare con quel tipo di criminalità. Una criminalità che non ha sempre bisogno della violenza esplicita, ma si può accontentare di intimidazioni e di far percepire la propria onnipotenza».
Il ricordo è di Paolo Lattanzio, deputato Pd che fa parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie. Raccontare e spiegare il caso Foggia non è semplice. Caso Foggia per semplicità giornalistica perché le sfaccettature della Quarta mafia sono molteplici e si diramano in tutta la zona. Quasi un'isola a sé dove resistono sacche di criminalità e mentalità difficili da estirpare. Il recente caso che vede coinvolta Rosalba Bisceglia, moglie del capo Dipartimento Immigrazione e libertà civili della prefettura foggiana, Michele Di Bari, sullo sfruttamento di numerosi braccianti africani è solo un tassello ulteriore.

Scegliere da che parte stare

«Dobbiamo scegliere qual è il nostro modello di sviluppo - dice Teresa Bellanova, viceministra alle Infrastrutture e in prima fila da tempo nella lotta al caporalato - Cioè, se quello che agendo sui bassi costi del lavoro, complice l'intermediazione illegale, alimenta il nero e la concorrenza sleale o quello che punta sulla qualità del lavoro, sull'eccellenza delle nostre produzioni, sull'inimitabilità dei nostri prodotti, sulla concorrenza leale».
La mafia ci ha messo molto tempo a radicarsi, non è arrivata per caso, aggiunge ancora Lattanzio, «nei territori di Gargano, Foggia e Cerignola ha lavorato sulla politica, infiltrandosi nel sistema economico e terrorizzando la popolazione. Ora lo Stato ha percepito la gravità, ci sono procuratori che hanno profuso grandi sforzi, mi viene in mente Giuseppe Gatti su tutti. Abbiamo audito diversi commissari prefettizi che hanno sostituito consigli comunali sciolti ed emerge un problema comune: non è tanto il singolo politico corrotto, ma il tempo che questi criminali hanno avuto per radicarsi nella macchina amministrativa.

Sono i servitori infedeli dello Stato che sono dentro la macchina. Lo Stato sta provando ad arginare, ma richiede uno sforzo gigantesco e la collaborazione di tutti: non ci si può tirar fuori».

I riflettori della Procura

L'attenzione da parte del procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho è particolarmente alta già da tempo e si affianca ad alcune iniziative, come l'istituzione dello Squadrone Carabinieri Cacciatori Puglia, un'unità specializzata dell'Arma di stanza presso l'Aeroporto Amendola di Foggia per contrastare le attività mafiose. La squadra intera è al lavoro, ma il nemico è fortissimo. «La Quarta mafia e i riflessi sull'intera società sono un fenomeno che per troppi anni è stato sottovalutato - osserva l'eurodeputato Mario Furore - io sono foggiano e vengo da un territorio che è in assetto di guerra: Manfredonia, Cerignola, Mattinata, Monte Sant'angelo, Foggia sono tutti comuni sciolti. Il problema riguarda il sistema politico, imprenditoriale e la società civile. In quelle zone d'ombra, la cittadinanza ha fatto più affidamento sull'anti-Stato. Io spesso porto con me dei ragazzi a Bruxelles per far vedere loro un altro mondo. Parlare della mia terra è amaro, ma è giusto che si racconti la verità. Per troppo tempo si è parlato solo di Sacra corona unita, ma qui è altra cosa».

Da tempo, a proposito di presenza dello Stato, si chiede che la Dda (Direzione distrettuale antimafia) possa avere una sezione distaccata a Foggia. Al momento c'è un avamposto della Dia (Direzione investigativa antimafia), ma il ragionamento è: più presidi ci sono, più è alta la possibilità di sfiancare la piovra. E a proposito di aneddoti significativi, è il senatore pugliese Luigi Vitali (FI), membro della commissione bicamerale Antimafia, a descriverne un altro vissuto sulla propria pelle. «Ricordo un corteo (la marcia antimafia di Libera a gennaio dell'anno scorso ndr) contro la malavita al quale partecipammo come membri della Commissione. Nemmeno 24 ore dopo fu esploso un ordigno in città in segno di sfida e sfregio. Ci sono uomini valorosi che stanno operando, ma è antipatico dirlo, bisogna militarizzare il territorio per qualche tempo». Con una proposta finale che ricorda una strategia di ordine pubblico condotta 21 anni fa: «Si deve varare una sorta di Operazione Primavera come quella a Brindisi per debellare il contrabbando. L'illegalità è diventata un humus culturale, c'è bisogno di qualcosa di straordinario».
 

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