Prostituzione, maxi condanna per un'intera famiglia: nella rete anche ragazze minorenni

I quattro furono fermati nel dicembre di cinque anni fa dagli agenti della squadra mobile di Foggia nell'ambito di un'indagine iniziata dopo il pestaggio di una ragazzina di etnia rom

Prostituzione, maxi condanna per un'intera famiglia: nella loro rete anche ragazze minorenni
Prostituzione, maxi condanna per un'intera famiglia: nella loro rete anche ragazze minorenni
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Mercoledì 7 Giugno 2023, 19:35 - Ultimo aggiornamento: 8 Giugno, 13:30

La Cassazione ha stabilito la «inammissibilità totale» dei ricorsi presentati da Febronel Costache di 52 anni, Poenita Chiriac di 51 anni, Solomon Costache di 31 anni e Mariana Raluca Iovanut di 32 anni - componenti di uno stesso nucleo famigliare - condannati dalla Corte d'assise d'appello di Bari il 7 giugno dell'anno scorso complessivamente a poco più di 50 anni di carcere per riduzione e mantenimento in stato di servitù, induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e sequestro di persona ai danni di ragazze minorenni.

Nello specifico, in secondo grado, Febronel Costache detto Bal Parno, e Poenita Chiriac sono stati condannati a 13 anni e sei mesi di reclusione ciascuno; Solomon Costache 11 anni e sei mesi; e Mariana Raluca Iovanut a 8 anni e sei mesi.

I fatti

I quattro furono fermati nel dicembre di cinque anni fa dagli agenti della squadra mobile di Foggia nell'ambito di un'indagine iniziata dopo il pestaggio di una ragazzina di etnia rom, fuggita dal campo nomadi di via San Severo. La ragazzina era stata aggredita con calci e pugni mentre era incinta al settimo mese di gravidanza: alcuni giorni dopo l'aggressione perse il bambino.

Fu allora che la vittima decise di denunciare riferendo agli investigatori che era stata costretta a prostituirsi nonostante fosse incinta e che le era stata prospettata anche la possibilità di vendere il suo bambino per 28mila euro.

Gli accertamenti investigativi rivelarono che ragazze ancora minorenni, provenienti da contesti famigliari disagiati, venivano portate con l'inganno e l'impiego degli stratagemmi più vari nel campo nomadi. Lì erano rinchiuse in baracche, bloccate dall'esterno con una catena e un lucchetto, picchiate per più giorni e costrette a prostituirsi per otto ore al giorno in cambio di un pacchetto di sigarette. Le vittime erano straniere, private di cellulare e documenti, sole e non in contatto con la famiglia, così nessuno ne reclamava la scomparsa. I quattro condannati dovranno risarcire l'associazione Gens nova, rappresentata dall'avvocato Antonio Lascala, che si era costituita parte civile nel processo.

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