Sono stati identificati grazie alle telecamere di sicurezza, padre e figlio ritenuti responsabili dell'attentato dinamitardo avvenuto il 9 gennaio scorso ai danni del ristorante Poseidon di Foggia.
Ordigno contro un ristorante, quarto attentato in due settimane
Il provvedimento
Un decreto di fermo di indiziato di delitto e un'ordinanza di detenzione nell'istituto minorile Fornelli sono stati emessi dalla Dda di Bari e dal Tribunale per i Minorenni di Bari ed eseguiti dalla squadra mobile di Foggia nei confronti di padre e figlio, parenti al capo clan della batteria foggiana Trisciuoglio-Prencipe-Tolonese, ritenuti responsabili dell'attentato dinamitardo avvenuto il 9 gennaio scorso ai danni del ristorante Poseidon di Foggia.
I due rispondono di detenzione e porto di materiale esplosivo, danneggiamento aggravati dal metodo mafioso e il padre anche di tentata estorsione.
Alla loro identificazione gli investigatori sono arrivati grazie ai filmati delle telecamere pubbliche e private della città, che hanno immortalato due soggetti travisati nel momento in cui è stato posizionato l'ordigno artigianale e il successivo tragitto percorso per tornare a casa, durante il quale i due si sono liberati di parte degli indumenti indossati nella fase esecutiva dell'attentato, mentre altri sono stati sequestrati durante una perquisizione.
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La Dda di Bari
«L'onda generata dall'esplosione e il materiale proiettato avrebbero potuto cagionare gravi lesioni, anche potenzialmente mortali, a chi si fosse trovato in quel momento nei pressi del luogo dell'esplosione», secondo la Dda di Bari con riferimento ai provvedimenti cautelari eseguiti nei confronti di padre e figlio ritenuti responsabili dell'attentato dinamitardo avvenuto il 9 gennaio scorso ai danni del ristorante Poseidon di Foggia.
Gli accertamenti tecnici hanno infatti rivelato che l'ordigno possedeva «spiccata potenzialità offensiva» e, in effetti, la deflagrazione ha causato «rilevanti danni - prosegue la nota della Procura - , consistenti in danneggiamento di infissi, suppellettili, arredi, vetrate e parte delle strutture murarie del locale».
Nei due provvedimenti «viene contestata - continuano gli inquirenti - anche l'aggravante della mafiosità dell'azione criminale, con specifico riferimento alle eclatanti modalità con cui l'azione è stata commessa, facendo esplodere un ordigno sulla pubblica via, modalità tipiche delle metodiche mafiose ed idonee a provocare allarme sociale nella collettività, rafforzando il messaggio intimidatorio ai danni delle vittime». Sul punto la Procura evidenzia, inoltre, che uno stretto famigliare dei due indagati è un presunto affiliato a una delle batterie mafiose della città, «con il compito di riscuotere materialmente le somme estorsive dai commercianti ambulanti del mercato settimanale di Foggia».