Colpo alla mafia: 30 arresti. I clan imponevano al Foggia l'ingaggio dei calciatori "amici"

Colpo alla mafia: 30 arresti. I clan imponevano al Foggia l'ingaggio dei calciatori "amici"
3 Minuti di Lettura
Venerdì 30 Novembre 2018, 22:03
Giuramenti stretti con il sangue, agguati in pieno giorno davanti ai bambini, estorsioni a tappeto alle attività economiche, dalle discoteche alle corse dei cavalli, alla società del Foggia Calcio. È la quarta mafia, la «Società» foggiana, i cui vertici sempre in guerra tra loro per regolare la gestione degli affari ma poi uniti dall’interesse comune di fare profitti, sono stati arrestati all’alba da Polizia e Carabinieri in quella che è stata battezzata la «Decima azione». Decima in ordine di tempo nei confronti di questo gruppo criminale, ma anche nel senso di “decimazione”, perché in 30 sono finiti in manette nella maxi-operazione della Dda di Bari che ha messo insieme gli atti giudiziari di undici diversi procedimenti penali. Dagli inquirenti, primo fra tutti il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, l’appello a denunciare. Solo due degli imprenditori vittime delle estorsioni, infatti, hanno parlato. Lo stesso gip denuncia lo «stato di omertà assoluta», mentre «serve una rivoluzione culturale, perché non c’è crescita se non c’è libertà dal condizionamento mafioso». Gli esponenti della criminalità organizzata foggiana, appartenenti alle due «batterie» Sinesi-Francavilla e Moretti-Pellegrino-Lanza, non si fermavano davanti a niente: quattro bambini avrebbero assistito alla morte o al ferimento dei loro cari, uno di loro è stato ferito nell’agguato al nonno. La capacità di infiltrarsi con la violenza e le armi in tutti i settori dell’economia foggiana è arrivata al punto di imporre l’ingaggio di giocatori al Foggia Calcio, quando militava in Lega Pro, tra i quali il figlio del defunto boss Rodolfo Bruno: tutto ciò a fronte dell’atteggiamento «pavido» - scrive il gip - dell’allora direttore sportivo Giuseppe Di Bari e del mister Roberto de Zerbi, ora allenatore del Sassuolo. I due, «lungi da denunciare, come dovrebbe fare ogni vittima di estorsione, hanno preferito in maniera pavida accettare supinamente le richieste formulate, abiurando anche a quei valori di lealtà e correttezza sportiva che dovrebbe ispirare la loro condotta». er non avere intralci nelle loro attività illecite, gli esponenti della «Società» avrebbero anche progettato di uccidere un poliziotto, un «bastardo» a cui «sparare in testa». E poi ci sono le minacce alle vittime di estorsione: «prepara 50mila euro e altri 4mila al mese sennò ti devo uccidere», solo per citare una delle centinaia di migliaia di intercettazioni. Soldi, beni e assunzioni venivano imposti, in modo «parassitario e tentacolare», ad agenzie di pompe funebri (50 euro a funerale, grazie anche alle segnalazioni dei decessi da parte di dipendenti comunali), ai fantini delle corse dei cavalli per truccare le scommesse, a grandi gruppi imprenditoriali come il «Don Uva» delle residenze sanitarie per anziani e disabili. (Is-Mas. ANSA).
I nomi degli arrestati
Angelo Abruzzese nato nel 1948, Francesco Abruzzese 1977, Giuseppe Albanese  1980, Alessandro Aprile 1984, Luigi Biscotti 1976, Emilio Ivan D’Amato 1973, Domenico D’Angelo 1993, Ciro Francavilla 1974, Giuseppe Francavilla 1978, Gioacchino Frascolla 1985, Ernesto Gatta 1974, Leonardo Lanza 1979, Savino Lanza 1983, Vito Bruno Lanza 1953, Antonio Miranda 1957, Alessandro Moretti 1991, Rocco Moretti 1950, Raffaele Palumbo 1984, Massimo Perdono 1977, Francesco Pesante 1988, Fausto Rizzi 1980, Antonio Salvatore 1991, Cosimo Damiano Sinesi 1985, Francesco Sinesi 1985, Roberto Sinesi 1962, Giuseppe Spiritoso 1956, Lorenzo Spiritoso 1981, Fabio Tizzano 1980, Francesco Tizzano 1972, Patrizio Villani 1977.
© RIPRODUZIONE RISERVATA